L’analisi dei campioni di materiale lunare, riportati a Terra con la missione Chang’e-5, rivela una mineralogia della superficie della Luna corrispondente a un’attività vulcanica più recente e riconducibile a circa 2 miliardi di anni fa.

Il nuovo studio, pubblicato su Nature Communications, è il frutto di un lavoro di squadra guidato da Li Chunlai, professore degli Osservatori Astronomici Nazionali dell’Accademia Cinese delle Scienze (Naoc).

Analizzando i reperti con tecniche di analisi spettroscopica e di diffrazione a raggi X – Xrd-, utili per l’esame della composizione mineralogica dei campioni di suolo lunare riportati a Terra dalla missione cinese Chang’e-5, si scopre che gli elementi ricchi di ferro e ad alto contenuto di calcio di basalti corrispondono a un’attività vulcanica più giovane di quella individuata in precedenti studi di analisi geologica.

M3 Mappa IBD dell’area di atterraggio CE-5 (R: IBD1μm, G: IBD2μm, B: riflettanza 1500 nm). Eratosteniana (Em) in stadio avanzato (unità P58) mostra una tonalità rossa, mentre la Imbrian (Im) a ovest del sito di atterraggio CE-5 mostra una tonalità verde-gialla. La croce solida indica il sito di atterraggio CE-5. b La statistica IBDR dell’unità P58 e dei basalti marini più vecchi adiacenti a ovest. La statistica IBDR mostra una distribuzione bimodale. Gli IBDR dell’unità P58 sono per lo più concentrati nel picco inferiore, mentre gli IBDR dei basalti più vecchi a ovest sono per lo più concentrati nel picco superiore.  Il piccolo rettangolo bianco nella mappa non è coperto da M3 dati. Crediti: Nature Communications (Nat Commun) ISSN 2041-1723 (online)

Precedenti analisi derivate dalle missioni Apollo e Luna suggerivano che il mare lunare, riferendosi alle oscure pianure basaltiche formate dall’attività vulcanica innescata da antichi impatti di grandi asteroidi sul lato più lontano della luna, era modellato su ipotesi di vulcanismo attivo tra 4,3 miliardi e 3,1 miliardi di anni fa, con la maggior parte di quell’attività tra 3,6 miliardi e 3,8 miliardi di anni fa. Questi studi precedenti erano basati su dati raccolti da telescopi terrestri e orbiter lunari, come il Moon Minerology Mapper della Nasa.

Il risultato Xrd ha mostrato che i campioni erano composti principalmente da pirosseno, non da olivina, come indicato da studi precedenti.

«I lavori preliminari hanno identificato che il campione di terreno restituito da CE-5 è fondamentalmente composto da un tipo di basalto lunare che non è mai stato campionato prima: rispetto ai campioni raccolti dalle missioni precedenti, la composizione di massa del pirosseno nei campioni di CE-5 è relativamente ricca di ferro e calcio», affermano nel nuovo studio Li e il suo team.

La tecnica usata consiste nella misurazione delle lunghezze d’onda della luce assorbita e riflessa quando esposta a raggi X calibrati con precisione ed emissioni di luce visibile. Quello che ogni campione riflette viene mappato in base alla lunghezza d’onda su un asse X e all’intensità su un asse Y, generando un’impronta digitale spettrografica.

Lo studio di Li e del suo team segue altri recenti sviluppi, considerate le evidenze riscontrate con la  missione Chang’e 5, che ha riportato sul nostro pianeta quasi 2 chilogrammi di campioni lunari.

Il recente studio offre nuove riflessioni per le future missioni di esplorazione spaziale del nostro satellite. La puntuale comprensione della mineralogia lunare apre nuovi scenari di utilizzo di quanto presente in superficie e nel sottosuolo, in vista dei prossimi equipaggi umani sulla Luna.

Crediti immagine: Naoc