Ospita una vasta coltre glaciale che costituisce un’indispensabile riserva idrica per milioni di persone ed è attualmente minacciata dal cambiamento climatico: si tratta dell’Altopiano tibetano, il cui ‘patrimonio bianco’ è sottoposto a un notevole stress con gravi conseguenze per l’uomo e gli ecosistemi. Infatti, i ghiacciai della zona vantano un primato poco invidiabile: la più elevata velocità di scioglimento tra le distese gelate dell’Asia.
L’area, da tempo monitorata dallo spazio, è al centro di un nuovo studio di Proceedings of the National Academy of Sciences (articolo: “Warming-induced monsoon precipitation phase change intensifies glacier mass loss in the southeastern Tibetan Plateau”). L’indagine è stata coordinata dallo Swiss Federal Institute for Forest, Snow and Landscape Research e si basa sia su dati e immagini satellitari, sia su modelli digitali di elevazione (Dem – Digital Elevation Model); tra i dati utilizzati figurano quelli dello strumento Modis (Moderate Resolution Imaging Spectroradiometer), installato a bordo dei satelliti Terra e Aqua della Nasa.
Gli studiosi hanno cercato di capire a cosa sia dovuto lo scioglimento così rapido di questi ghiacciai, che tra l’altro alimentano il Brahmaputra: da questo fiume, lungo 2900 chilometri, dipendono le riserve idriche impiegate sia per uso umano che per le attività agricole e industriali.
Analizzando i dati da telerilevamento e i modelli informatici, il team della ricerca è giunto alla conclusione che lo scioglimento non sia dovuto solo alla crisi climatica in atto, ma che sia connesso anche ad altri fattori: uno di questi è la riduzione delle precipitazioni nevose durante l’estate. Infatti, a differenza di quanto avviene in Europa sulle Alpi, i ghiacciai del plateau tibetano sono maggiormente interessati dalle nevicate durante i mesi estivi, a causa della loro umidità.
Per identificare i processi che stanno mettendo a dura prova la coltre bianca di questa zona, gli esperti si sono particolarmente concentrati sul ghiacciaio Parlung 4, situato nel sud est del Tibet, e ne hanno studiato l’evoluzione negli ultimi 45 anni. Gli autori del saggio hanno quindi riscontrato che, a un certo punto, la neve nei mesi estivi ha iniziato a farsi vedere di meno, cedendo il passo alla pioggia: in questo modo, si è purtroppo ridotto l’accumulo di neve che avrebbe contribuito a rimpolpare la superficie del ghiacciaio. Il suo strato superiore, poi, è rimasto esposto alla luce e al calore solari per un’ampia parte della stagione estiva: un processo che ha peggiorato lo scioglimento.
Secondo il gruppo di lavoro, questa indagine mostra l’importanza di comprendere a fondo i meccanismi di accumulo nevoso, soprattutto per spiegare la sensibilità di quei ghiacciai dove questo processo avviene d’estate.
In alto: il ghiacciaio Parlung 4 e la sua collocazione (Crediti: Wei Yang)