«Uno dei più luminosi ed energetici lampi gamma corti mai registrati». Così è stato definito Grb 211106A da Tanmoy Laskar, del dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università dello Utah e primo autore della ricerca che verrà pubblicata su The Astrophysical Journal Letters.
A innescare l’esplosione è stata la fusione di un sistema binario, contenente una stella di neutroni, situato a circa 20 miliardi di anni luce dalla Terra.
E’ stato il satellite Swift della Nasa, che utilizza le antenne dell’Agenzia Spaziale Italiana della stazione di Malindi in Africa, a osservare l’esplosione con i suoi strumenti a raggi X; eppure, a quella lunghezza d’onda e a causa dell’enorme distanza, gli scienziati non sono riusciti a determinare la provenienza dell’esplosione.
«La luce residua (afterglow) – tuttavia – è essenziale per capire da quale galassia proviene un’esplosione e per saperne di più sull’esplosione stessa» ha spiegato Laskar, proprio perché quando la luce ‘si sta per spegnere’ si può osservare anche con altre frequenze. Mentre il telescopio spaziale Hubble non è riuscito a individuare la sorgente in banda ottica a causa della polvere generata dall’esplosione, i 66 radiotelescopi dell’Atacama Large Millimeter Array (Alma), situati in Cile a 5mila metri d’altitudine, hanno centrato l’obiettivo con lunghezze d’onda millimetriche e sub-millimetriche.
«L’impareggiabile sensibilità di Alma ci ha permesso di individuare con maggiore precisione la posizione del lampo: esso proveniva da un’altra galassia, molto debole e ancor più lontana. Ciò dunque significa che questo lampo di raggi gamma corto è ancora più potente di quanto pensassimo, rendendolo uno dei più luminosi ed energici mai registrati» ha concluso Laskar.
E’ la prima volta che Alma osserva un simile avvenimento, anche perché è difficile scoprire la luce residua dei lampi gamma corti.
Secondo gli scienziati, questo evento dimostra quanto siano importanti e complementari le osservazioni a più lunghezze d’onda con i telescopi spaziali e terrestri per comprendere i fenomeni astrofisici e apre, dunque, una nuova area di studio dove sistemi di telescopi come Alma possono dare un contributo fondamentale.
«Lo studio di questo tipo di lampi gamma richiede il rapido coordinamento dei telescopi sparsi per il globo e nello spazio operando a tutte le lunghezze d’onda – ha affermato Edo Berger, professore di astronomia all’Università di Harvard. – Nel caso del Grb 211106A abbiamo utilizzato alcuni dei più potenti telescopi disponibili: Alma, Very Large Array (Vla) in Nuovo Messico, Chandra e Hubble». Lo studio di Grb 211106A proseguirà con il telescopio spaziale James Webb per conoscerne la distanza attraverso uno spettro della galassia ospite e studiarne la composizione chimica attraverso l’osservazione a infrarossi della luce residua; in futuro, con il Next Generation Vla (ngVla) si potrà studiare la struttura geometrica di questa luce e il combustibile di formazione stellare con dettagli senza precedenti.
Per quanto riguarda lo studio dell’Universo attraverso i raggi gamma, è in cantiere anche il Cherenkov Telescope Array (Cta) per cui è prevista la costruzione di un osservatorio per emisfero, uno alle Canarie e uno in Cile. I raggi gamma, seppur bloccati dall’atmosfera terrestre, a contatto con essa creano uno sciame di particelle molto energetiche che producono una luce blu, rilevabile da terra, scoperta dal fisico e premio Nobel sovietico, Pavel Cerenkov. L’Italia contribuirà all’attivazione del Cta situato in Cile, attraverso l’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) e diverse università, con uno strumento che rileva la parte più energetica dello spettro elettromagnetico.
Storicamente, l’Italia ha dato un contributo sostanziale nello studio dei lampi di raggi gamma, a partire dall’ideazione del satellite BeppoSax. Lanciato nel 1996, grazie alla collaborazione tra l’Asi e l’Agenzia olandese per i programmi aerospaziali (Nivr), all’epoca l’origine dei Grb era ancora misteriosa; una volta localizzate tali esplosioni, Sax inviava le coordinate a strumenti terrestri e spaziali. Si è scoperto così che questi fenomeni provengono da galassie lontane e hanno una potenza tale che è seconda solo al Big Bang. Successivamente l’Asi ha lanciato anche Agile (Astro Rivelatore Gamma a Immagini Leggero) che il 1 gennaio 2022 ha individuato “il lampo di raggi gamma più energetico ad oggi riportato nella storia delle osservazioni di questi fenomeni”.
Immagine in apertura: (illustrazione) Fusione tra una stella di neutroni e un’altra stella (disco, in basso a sinistra) che ha causato un’esplosione provocando il lampo di raggi gamma corto, Grb 211106A (getto bianco, al centro), e ha lasciato ciò che gli scienziati ritengono essere uno dei bagliori residui più luminosi mai registrati (onda d’urto semisferica, a metà destra). Mentre la polvere nella galassia ospite ha oscurato la maggior parte della luce visibile (mostrata a colori), la luce millimetrica dell’evento (in verde) ha raggiunto Alma, offrendo agli scienziati una vista senza precedenti di questa esplosione cosmica – Crediti: Alma, M.Weiss