È il segno che contraddistingue la storica immagine di Sagittarius A*, il supermassiccio nel cuore della Via Lattea a 27 mila anni luce da noi, svelata al mondo lo scorso 12 maggio, tre anni dopo la prima immagine in assoluto di un buco nero: quella con al centro il supermassiccio M87*, distante 55 milioni di anni luce.
Con una massa pari a quattro milioni di volte quella del Sole, il ‘nostro’ buco nero è circa 1500 volte più piccolo e decisamente meno massiccio di M87* che vanta, al contrario, 6,5 miliardi di masse solari. Una difformità che rende, tuttavia, la somiglianza delle due immagini targate Eht un’ulteriore conferma della Teoria della Relatività Generale di Einstein.
Prima prova visiva che al centro della nostra galassia vi sia un buco nero, osservare la corona di fuoco attorno a Sagittarius A* ha rappresentato la sfida più ardua per il telescopio virtuale Eht: scovarla è stato come osservare dalla Terra una ciambella sulla superficie lunare. Una ricerca estrema resa ancora più complicata dalla mutevolezza con la quale il Sagittarius A* si pone al nostro sguardo rispetto a M87*.
La maggiore difficoltà di indagine, ha imposto al team di Eht la produzione di una vastissima biblioteca di buchi neri simulati, da cui ricostruire il ritratto finale di Sagittarius A* attraverso grandi infrastrutture di calcolo.
Con una forte partecipazione italiana, grazie a numerosi ricercatori da Inaf, Infn, Università Federico II di Napoli e Università di Cagliari, la collaborazione Eht sta continuando a scrutare le corone infuocate dei grandi divoratori cosmici, includendo ora tre nuovi radiotelescopi.
Abbiamo approfondito la ricerca Eht della prima immagine del buco nero al centro della Via Lattea con Ciriaco Goddi, docente presso l’Università degli Studi di Cagliari, associato Inaf e Infn, che fa parte di questa impresa sin dal 2014, come coordinatore del gruppo europeo di BlackHoleCam, uno dei progetti da cui ha avuto origine la Collaborazione Eht.
Crediti immagine: Eht collaboration