Una recente ricerca, guidata dal Max Planck Institute for Astronomy (Mpia), ha stabilito a circa 1,1 miliardi di anni dopo il Big Bang la fine della reionizzazione dell’Universo: un processo che ha reso il cosmo trasparente come lo conosciamo oggi, quando inizialmente era, al contrario, torbido e opaco a causa del gas neutro situato tra le prime giovani galassie.
Una sorta di ‘alba cosmica’ di cui finora non conoscevamo l’esatta conclusione.
I risultati del recente studio, pubblicati su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, posticipano di 200 milioni di anni la fine della reionizzazione rispetto a quanto ipotizzato precedentemente, chiudendo così un dibattito durato due decenni.

Nelle primissime fasi dopo il Big Bang, l’Universo ha attraversato alcune epoche buie: un lungo periodo in cui l’intero cosmo era senza alcuna fonte di luce e, soprattutto, riempito interamente da gas neutro: idrogeno con protoni ed elettroni sempre legati e mai presenti come particelle libere. Con l’avvento delle prime stelle e galassie, circa 100 milioni di anni dopo, l’idrogeno neutro è stato gradualmente ionizzato dalla radiazione ultravioletta prodotta dagli astri, separando gli elettroni dai protoni.
Oggi lo spazio intergalattico è completamente ionizzato, tuttavia esiste ancora materia parzialmente neutra che collega galassie e ammassi di galassie: questa materia è chiamata ‘rete cosmica’ e costituisce la spina dorsale su larga scala dell’Universo.

Durante il viaggio che la luce effettua dalla propria sorgente al telescopio, l’idrogeno neutro assorbe una porzione dello spettro luminoso, ossia la firma che una radiazione rilascia attraverso le diverse lunghezze d’onda.
Analizzando la luce ricevuta da lontane forti sorgenti di fondo, 67 quasar, il team di astronomi ha osservato tale assorbimento con una qualità senza precedenti, potendo così scovare l’impronta lasciata dal gas neutro cosmico per le diverse nubi di idrogeno neutro incontrate nel tragitto.
Nel ‘furto’ di luce, infatti, ogni singola nube lascia il suo piccolo segno.

Osservando la linea spettrale della luce dai quasar a una lunghezza d’onda di 121,6 nanometri (un miliardesimo di metro), il team ha cercato di individuare i distinti valori di assorbimento della luce da parte delle diverse nubi di gas neutro.
I risultati ottenuti sono stati poi confrontati con un modello fisico di un’epoca successiva dell’Universo rispetto a quella a cui corrisponde la luce emessa dai quasar.
Analizzando le variazioni riscontrate dal confronto, il team ha così determinato il momento esatto in cui le variazioni nello spettro luminoso dei quasar sono incoerenti con le fluttuazioni dovute esclusivamente all’azione della rete cosmica, il gas neutro tuttora esistente nel cosmo.

La ricerca ha così cronometrato con precisione la fine dell’epoca di reionizzazione, stabilendo a 1,1 miliardi di anni dopo il Big Bang l’ultimo periodo in cui l’idrogeno neutro deve essere stato presente nello spazio intergalattico.

«Fino a pochi anni fa, l’opinione prevalente era che la reionizzazione fosse avvenuta quasi 200 milioni di anni prima. Ora abbiamo la prova più forte che il processo si è concluso molto più tardi, durante un’epoca cosmica più facilmente osservabile dalle strutture osservative di attuale generazione», afferma Frederick Davies, astronomo Mpia e coautore dell’articolo.

Questa piccola correzione temporale, di sole poche centinaia di milioni di anni e apparentemente non significativa rispetto alla storia del cosmo, fornisce, in realtà, importanti informazioni sulla natura delle prime stelle e galassie che hanno agito come protagoniste nella reionizzazione dell’Universo.

Immagine in evidenza: rappresentazione schematica della visione sulla storia cosmica fornita dalla luce brillante dei quasar lontani. Crediti: Carnegie Institution for Science / Mpia