Il luogo in cui un pianeta si sviluppa può influenzare le sue caratteristiche: lo afferma una ricerca appena pubblicata su Nature (articolo: “Binarity of a protostar affects the evolution of the disk and planets”) e centrata sul giovane sistema binario Ngc 1333-Iras2A.

L’indagine, che ha coinvolto un gruppo di lavoro internazionale, è stata coordinata dall’Istituto Niels Bohr dell’Università di Copenaghen e si inquadra nel filone di studi relativo alla ricerca di mondi potenzialmente abitabili; gli astronomi hanno utilizzato i dati del radiotelescopio Alma, che hanno successivamente integrato con simulazioni informatiche.

Partendo dal fatto che l’unico pianeta noto su cui si è sviluppata la vita è la Terra e che essa orbita intorno al Sole, gli scienziati si sono particolarmente centrati sui sistemi planetari formatisi intorno a stelle analoghe. Circa la metà degli astri di dimensioni simili al Sole è di tipo binario e i mondi nati intorno ad essi avrebbero caratteristiche differenti in paragone a quelli che si trovano ad orbitare intorno a stelle singole.

Gli autori del saggio sono arrivati a queste conclusioni analizzando appunto Ngc 1333-Iras 2A, un baby sistema binario situato a una distanza di circa 1000 anni luce dalla Terra e circondato da un disco di gas e polveri. Osservandolo con Alma, gli astronomi hanno potuto cogliere un’istantanea del suo processo evolutivo e hanno utilizzato i modelli informatici per ipotizzare cosa sia successo prima del periodo osservato e cosa potrà succedere poi.

Il movimento del gas e delle polveri, in particolare, non segue uno schema costante e in alcuni periodi diventa particolarmente intenso. La stella binaria presenta così dei picchi di luminosità (pari persino a 100 volte in più rispetto alle condizioni ordinarie) prima di rientrare nei ‘ranghi’. Secondo gli astronomi, questo andamento può essere connesso proprio alla doppia natura di questi astri: i due oggetti celesti, infatti, orbitano l’uno intorno all’altro e, a determinati intervalli, la loro forza di gravità può esercitare un’influenza sul gas e sulle polveri circostanti, provocando una ‘pioggia’ di materiale che ricade su di essi. Questo fenomeno, che sprigiona calore, farebbe innescare gli improvvisi brillamenti della stella binaria.

Queste esplosioni potrebbero fare a pezzi il disco di gas e polveri; quando esso si ricompone – affermano gli studiosi – tali ‘botti’ sarebbero ancora in grado di influenzare sia la struttura del sistema planetario che si originerà in seguito, sia l’impatto delle comete sui mondi in formazione. Nel secondo caso, si produrrebbe l’evaporazione delle polveri e del ghiaccio cometari, con conseguenze sulla composizione chimica dei pianeti.

La chimica, infatti, è una componente importante dello studio di Nature: le lunghezze d’onda analizzate con Alma hanno permesso agli studiosi di scorgere molecole organiche piuttosto articolate, che a loro volta potrebbero essere la base per altre ancor più complesse e importanti per lo sviluppo della vita.

Il gruppo di lavoro intende approfondire questo tema e auspica di potersi giovare della strumentazione all’avanguardia del telescopio Webb.

In alto: simulazione di una stella binaria (Crediti: Jørgensen, Kuruwita et al.)