L’età di una stella non si puo’ determinare in modo diretto ma puo’ essere dedotta confrontando le caratteristiche di una stella con modelli computerizzati sull’evoluzione stellare.

Grazie ai dati della missione Gaia dell’ESA sono state analizzate 250.000 stelle ottenendo informazioni sulla luminosità e sulla posizione e la composizione chimica degli astri. In questo modo è stato possibile risalire all’età delle stelle, tra i parametri più difficili da identificare.

Pubblicato sulla rivista Nature, l’analisi è stata eseguita da Maosheng Xiang e Hans-Walter Rix, del Max-Planck Institute for Astronomy, Heidelberg, Germania.  I ricercatori hanno preso i dati sulla luminosità e sulla posizione dal set di dati Early Data Release 3 (EDR3) di Gaia e li hanno combinati con le misurazioni della composizione chimica delle stelle, forniti dai dati del telescopio spettroscopico in fibra multioggetto (LAMOST), risalendo all’età delle stelle che compongono la nostra Via Lattea.

Nel procedere alla “scansione” dell’anagrafica stellare, gli scienziati hanno scelto di analizzare le stelle subgiganti perché quando l’energia smette di essere generata si sposta in un guscio attorno al nucleo, avviando la trasformazione dell’astro in una gigante rossa. Questo processo rappresenta una fase evolutiva relativamente breve nella vita di una stella e consente di determinarne l’età con grande precisione, anche se il calcolo è complicato.

L’Universo è nato con quasi esclusivamente idrogeno ed elio. Gli altri elementi chimici, conosciuti collettivamente come metalli dagli astronomi, sono prodotti all’interno delle stelle ed esplosi nello spazio alla fine della vita di una stella, dove possono essere incorporati nella prossima generazione di stelle.

Le stelle più antiche hanno una minore presenza di metalli e i dati di LAMOST rilevano proprio la metallicità: la combinazione della luminosità e della metallicità consentono agli astronomi di estrarre l’età della stella dai modelli del computer. Prima di Gaia, gli astronomi lavoravano regolarmente con incertezze del 20-40 percento, il che poteva far sì che le età determinate fossero imprecise di un miliardo di anni o più.

«Con i dati sulla luminosità di Gaia, siamo in grado di determinare l’età di una stella subgigante fino a una piccola percentuale», ha affermato Maosheng.

Grazie al set di dati Early Data Release 3 (EDR3) di Gaia gli autori dell’analisi hanno ispezionato un quarto di milione di stelle subgiganti sparse in tutta la galassia e collocate nelle diverse regioni della nostra galassia, ricostruendo una linea temporale della formazione della Via Lattea.

La “firma anagrafica” delle stelle subgiganti ha rivelato chiaramente che la formazione della Via Lattea è avvenuta in due fasi distinte: la prima fase, iniziata appena 0,8 miliardi di anni dopo il Big Bang, quando il disco spesso iniziò a formare stelle; la seconda avvenuta circa due miliardi di anni dopo, quando una galassia nana nota come Gaia-Sausage-Enceladus si fuse con la Via Lattea, innescando il processo di formazione della maggior parte delle stelle.

Il disco sottile di stelle che contiene il Sole si è formato durante la seconda fase ma il disco spesso ha continuato a formare stelle anche dopo la fusione con Gaia-Sausage-Encelado fino a quando il gas non si è esaurito, a circa 6 miliardi di anni dopo il Big Bang. Durante questo periodo, la metallicità del disco spesso è cresciuta in un rapporto da 1 a 10. La stretta relazione tra età stellare e metallicità indica che durante questo periodo il gas che formava le stelle era ben miscelato su tutto il disco. La cronologia della formazione delle prime regioni del disco della Via Lattea fa ritenere che quelle stelle devono essere state formate da gas altamente turbolento che diffondeva efficacemente i metalli in lungo e in largo, mostrando una storia diversa da quella nota fino a qualche anno fa.

«Dalla scoperta dell’antica fusione con Gaia-Sausage-Enceladus, nel 2018, gli astronomi hanno sospettato che la Via Lattea fosse già lì prima che si formasse l’alone, ma non avevamo un quadro chiaro di come fosse quella Via Lattea. I nostri risultati forniscono dettagli inediti su quella parte della nostra galassia, come il suo compleanno, il suo tasso di formazione stellare e la storia dell’arricchimento dei metalli, rivoluzionando l’ipotesi di quando e come si è formata.», affermano gli autori.

La missione Gaia dell’ESA,  il cui catalogo dati Early Data Release 3 è stato reso pubblico il 3 dicembre del 2020, prevede a giugno prossimo il rilascio della terza versione completa di dati (Gaia DR3).

Cristina Leto, responsabile di programma dell’Agenzia Spaziale Italiana per la missione Gaia, conferma che i risultati della missione continuano a rivoluzionare la nostra visione della Galassia.

Per la missione ESA,  l’Italia partecipa alle attività del  Data Processing and Analysis Consortium – DPAC -, il consorzio di tutti gli istituti di ricerca europei che hanno la responsabilità dell’analisi e della valutazione dell’enorme enorme mole di dati prodotti dalla missione. L’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e  l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) partecipano alla definizione e alla realizzazione delle pipeline di analisi e calibrazione dei dati e alla presenza sul territorio italiano di uno dei sei Data Processing Center (DPC), previsti a Torino presso ALTEC.

Lo Space Science Data Center dell’Agenzia Spaziale Italiana ha sviluppato il portale GaiaPortal  attraverso cui è possibile effettuare delle ricerche all’interno dell’enorme catalogo astronomico prodotto da Gaia e confrontarlo con altri cataloghi, combinando così osservazioni a diverse lunghezze d’onda.

In apertura: vista laterale della Via Lattea. Crediti ESA