Per quasi 10 anni, l’osservatorio spaziale a raggi X Nustar (Nuclear Spectroscopic Telescope Array) della Nasa ha studiato alcuni degli oggetti più energetici del cosmo, come stelle morenti in collisione ed enormi buchi neri che si nutrono di gas caldo. Durante quel periodo, gli scienziati hanno dovuto fare i conti con la luce diffusa che filtrava attraverso i lati dell’osservatorio, che può interferire con le osservazioni.
Ma ora i membri del team hanno capito come utilizzare quella luce prodotta dai raggi X vaganti, per conoscere gli oggetti nella visione periferica di Nustar. Questo approccio può moltiplicare le informazioni fornite da Nustar. Lo studio è stato pubblicato su The Astrophysical Journal e descrive il primo utilizzo delle osservazioni a luce diffusa di Nustar per osservare una stella di neutroni.
Le stelle di neutroni sono alcuni degli oggetti più densi dell’Universo, seconde solo ai buchi neri. I loro potenti campi magnetici intrappolano le particelle di gas e le incanalano verso la superficie dell’astro. Quando le particelle vengono accelerate ed energizzate, rilasciano raggi X ad alta energia che Nustar può rilevare.
Il nuovo studio descrive un sistema chiamato Smc x-1, che consiste in una stella di neutroni in orbita attorno a una stella vivente in una delle due piccole galassie nelle vicinanze della Via Lattea. La luminosità dell’emissione di raggi X di Smc x-1 sembra variare notevolmente se osservata dai telescopi, ma decenni di osservazioni dirette da parte di Nustar e altri telescopi, hanno rivelato uno schema nelle fluttuazioni. Gli scienziati hanno individuato diversi motivi per cui Smc x-1 cambia di luminosità quando viene studiato dai telescopi a raggi X. Ad esempio, la luminosità dei raggi X diminuisce quando la stella di neutroni si abbassa dietro la stella vivente ad ogni orbita. Secondo i ricercatori, i dati sulla luce diffusa erano abbastanza sensibili da cogliere alcuni di quei cambiamenti ben documentati.
Il nuovo approccio è possibile grazie alla forma di Nustar simile a un manubrio: il telescopio ha due componenti alle estremità di una struttura stretta, lunga 10 metri e chiamata albero dispiegabile o boom. In genere i ricercatori puntano una delle estremità – che contiene l’ottica o l’hardware che intercetta i raggi X – verso l’oggetto che vogliono studiare. La luce viaggia lungo il boom fino ai rivelatori, situati all’altra estremità del veicolo spaziale. La distanza tra i due è necessaria per focalizzare la luce.
Ma la luce diffusa raggiunge anche i rivelatori entrando attraverso i lati del boom, bypassando l’ottica. Appare nel campo visivo di Nustar insieme alla luce proveniente da qualsiasi oggetto che il telescopio osserva direttamente ed è spesso abbastanza facile da identificare a occhio nudo perché forma un cerchio di debole luce che emerge dai lati dell’immagine.
Un gruppo di membri del team ha trascorso gli ultimi anni a separare la luce ‘parassita’ da varie osservazioni del telescopio. Dopo aver identificato alcune sorgenti di raggi X luminose e note in ogni osservazione, hanno utilizzato i modelli computerizzati per prevedere quanta luce diffusa dovrebbe apparire in base all’oggetto luminoso nelle vicinanze. Il team ha creato un catalogo di circa 80 oggetti per i quali Nustar aveva raccolto osservazioni di luce diffusa, denominandoli ‘StrayCats’.
«Immagina di essere seduto in un cinema impegnato nella visone di un film drammatico, mentre ascolti le esplosioni nel film d’azione che viene riprodotto nella sala accanto – ha affermato Brian Grefenstette, ricercatore senior al Caltech e membro del team Nustar – in passato la luce diffusa era un elemento di grande disturbo. Ora abbiamo gli strumenti per trasformare quel rumore extra in dati utili, aprendo un modo completamente nuovo di utilizzare Nustar per studiare l’universo».
Credit foto: Nasa/Jpl-Caltech, rappresentazione artistica di Nustar