Continua il giallo del detrito spaziale che dovrebbe colpire la Luna il prossimo 4 marzo. Dopo lo scambio d’identità dei giorni scorsi, sembrava confermato che il frammento di razzo in avvicinamento verso il nostro satellite non appartenesse a SpaceX ma all’Agenzia spaziale cinese. In particolare, al booster del razzo cinese Lunga Marcia 3C usato per la missione Chang’e 5-T1 del 2014.
E invece adesso arriva la smentita dalla Cina: «Secondo il nostro monitoraggio, lo stadio superiore del razzo della missione Chang’e 5 è rientrato nell’atmosfera terrestre, bruciandosi completamente», ha dichiarato il portavoce del Ministro degli Esteri Wang Wenbin durante una conferenza stampa il 21 febbraio.
Un’informazione che sembrerebbe confermata anche dai dati di tracciamento del 18° Squadrone di controllo spaziale della Space Force, secondo cui 2014-065B (sigla internazionale usata per tracciare lo stadio del razzo in questione) sarebbe rientrato in atmosfera nell’ottobre 2015, un anno dopo il lancio.
Di diverso avviso è invece l’astronomo Bill Gray, lo stesso che in un primo momento aveva erroneamente identificato il detrito come appartenente a SpaceX ma che poi lo ha attribuito appunto al booster cinese della missione Chang’e 5-T1 (qui la sua ricostruzione completa dei fatti).
Secondo quanto riportato dal Washington Post, il Center for Near-Earth Object Studies del Jet Propulsion Laboratory della Nasa avrebbe confermato la tesi di Gray. Teoria avallata anche da un’analisi indipendente portata avanti da un gruppo di studenti dell’Università dell’Arizona.
Anche se nei prossimi giorni potrebbero spuntare nuove valutazioni, è possibile che il mistero di questo detrito spaziale non verrà mai risolto una volta per tutte. Ma, a prescindere dai responsabili, quel che ormai sembra certo è che il frammento di razzo provocherà un cratere sul nostro satellite. Fenomeno che sarà osservabile tramite la sonda Lro della Nasa e il satellite indiano Chandrayaan-2.
Dall’intera vicenda emerge ancora una volta l’urgenza di trovare nuovi modi per gestire i detriti spaziali in continuo aumento, che sempre di più in futuro potrebbero interessare anche l’orbita cislunare.