Nella fascia di Kuiper (o fascia Edgeworth-Kuiper), una regione del sistema solare che si estende fino a 50 UA nell’orbita di Nettuno e che è costituita per lo più da corpi celesti di piccole dimensioni rispetto ai pianeti principali, si trova Arrokoth.

Noto anche come (486958) 2014 MU69 o Ultima Thule, Arrokoth è un oggetto celeste binario a contatto (quindi formato da due corpi legatisi mediante la reciproca attrazione gravitazionale), scoperto il 26 giugno 2014 grazie alla combinazione delle osservazioni eseguite dal telescopio Hubble e dalla sonda New Horizons (sonda sviluppata dalla Nasa per l’esplorazione di Plutone e del suo satellite Caronte e che attualmente si trova a circa 7,8 miliardi di km dalla Terra).
Il punto di osservazione più ravvicinato con Arrokoth è stato raggiunto proprio dalla sonda New Horizons, quando, il 1° gennaio 2019, ha raggiunto il piccolo oggetto sorvolandolo ad una distanza di circa 3.500 km.

Arrokoth, che nella lingua dei nativi americana Powhatan/Algonquin significa “cielo”, è di fatto il corpo celeste più lontano esplorato dalla sonda New Horizon; inoltre, la Internationl Astronomical Union ha finalmente approvato i nomi delle regioni più importanti dell’oggetto, proposti dal team della missione New Horizon.

A tal proposito abbiamo: Ka’an (che nella lingua Maya Yucateca significa “cielo”), una struttura a forma di arco circolare posizionato sul corpo più grande di Arrokoth. Mark Showalter, del Seti Institute e membro del team di New Horizons, ha specificato che il nome scelto non è casuale ma un chiaro riferimento alla tradizione Maya. Infatti, nell’immaginario mitologico Maya, il serpente rappresenta il cielo. Del resto, non è un caso se nella tradizione maya, la parola Ka’an (“cielo”) e Kan (“serpente”) siano così simili.

Al “collo” che lega i due corpi di Arrokoth è stato dato il nome Akasa (che nella lingua bengalese significa “cielo”); infine, al cratere (largo circa 7km) posizionato nel secondo corpo (più piccolo) di questa entità, il nome Sky (in inglese, “cielo”).

Crediti immagine: Nasa/Johns Hokins APL/Southwest Research Institute