Da uno studio condotto da un gruppo di ricerca guidato dal Laboratoire des Sciences du Climat et de l’Environnement, in collaborazione con Cnrs (Centre national de la recherche scientifique), CEA (Commissariat à l’énergie atomique et aux énergies alternatives), Uvsq (Università di Versailles Saint Quentin en Yvelines) e la società Kayrros, si è evidenziata la relazione tra emissioni di metano derivanti da attività antropiche e il climate change; infatti, stando a quanto esplicitato dal team di ricercatori sulla loro recente pubblicazione su Science, il metano, più di qualsiasi altro gas serra, inciderebbe negativamente sul clima e, di conseguenza, costituirebbe una seria minaccia per la salute degli individui e la preservazione degli habitat naturali.
Gli studi hanno rilevato che, in un arco temporale di 100 anni, il metano (CH4) potrebbe provocare il riscaldamento globale circa 30 volte più dell’anidride carbonica (CO2); in particolare, il team di ricerca si riferisce alle emissioni di metano direttamente imputabili alle attività di estrazione e distribuzione di carbone, gas naturale e petrolio.
Lo confermano i dati acquisiti grazie all’impiego del satellite Sentinel-5P; si tratta di una satellite per il telerilevamento, sviluppato dall’Agenzia spaziale europea in seno al Programma Coperncius.
Lanciato il 13 ottobre 2017, Sentinel-5P utilizza il suo spettrometro Tropomi (TROPOspheric Monitoring Instrument) per campionare la composizione dell’atmosfera e rilevare la presenza di elementi come ozono, metano, formaldeide, monossido di carbonio, diossido di azoto, anidride solforosa.
Nell’arco di due anni, Sentinel-5P ha eseguito una costante mappatura di 1.800 siti sparsi in tutti il mondo (di cui, 1.200 legati all’estrazione di combustibili fossili); si tratta di siti industriali in cui avvengono quotidianamente ingenti quantità di emissioni e nei quali, talvolta, si sarebbero registrati anche dei picchi che eccedono di gran lunga i limiti imposti dalle legislazioni nazionali. Questi pichi sarebbero sono provocati dalla grave inosservanza dei protocolli di manutenzione e dalla precaria diligenza nella riparazione dei macchinari industriali.
Tuttavia, si precisa che Snetinel-5P è riuscito a monitorare unicamente quei poli industriali maggiori (dove si rilasciano >25 tonnellate all’ora di CH4) che, in totale, rappresentano solo il 10% del settore petrolifero del gas.
Lo studio evidenzia come la riduzione delle emissioni, considerati i costi sociali legati al cambiamento climatico e ai volumi di gas disperso inutilmente, ne deriverebbe un risparmio di miliardi di dollari a beneficio tanto per le imprese di settore quanto per gli Stati che intervengono con misure atte a mitigare gli effetti disastrosi del climate change.
In alto: rappresentazione artistica di Sentinel-5P
Crediti immagine: Esa