CAMPIONI MARZIANI/Il rover della Nasa ha raccolto il suo primo campione marziano, con una nuova tecnica di scavo sciluppata nell’ultimo anno. Ora la prossima sfida sarà riportarlo a casa

Giulia Bonelli24 maggio 2018

Trapanare il pianeta rosso per portarci a casa dei campioni marziani da analizzare comodamente in laboratorio qui sulla Terra: da tempo questo è uno degli obiettivi principali delle future missioni con destinazione Marte. Eppure anche le missioni già in corso iniziano a includere tra i loro scopi scientifici la raccolta di pezzetti del mondo rosso. È il caso ad esempio di Curiosity, il rover della Nasa lanciato il 26 novembre 2011 e atterrato su Marte il 6 agosto 2012. Progettata per trovare indizi sulla passata e presente capacità marziana di ospitare la vita, la missione si è ultimamente concentrata proprio sul prelevamento di campioni marziani.

Ora la Nasa annuncia il primo risultato, dopo poco più di un anno di lavoro su questo fronte. Curiosity ha infatti estratto il suo primo campione, ottenuto perforando la superficie di circa 50 millimetri. “Abbiamo lavorato intensamente a questa nuova tecnica – commenta Tom Green, ingegnere sistemico che ha contribuito al progetto – ma il nostro lavoro non è finito una volta che il campione è stato raccolto.” E questo porta all’altra metà della sfida: riportare i campioni a casa. A questo proposito, la Nasa sta lavorando da tempo a un dettagliato piano di sample return – che coinvolgerà le missioni future per trasportare le rocce marziane in sicurezza.

A tal proposito, ormai 25 anni fa, è stato fondato l’International Mars Exploration Working Group (Imweg), un consorzio internazionale per l’esplorazione marziana. Nel 2007, questo gruppo ha prodotto il primo progetto su ampia scala per il ritorno di campioni marziani sulla Terra: iMars, un piano che punta proprio al prelevamento e recupero di alcune preziosissime rocce provenienti da Marte. Il progetto, a cui partecipa anche l’Agenzia Spaziale Italiana, è recentemente entrato nella sua seconda fase, grazie alla pubblicazione del report iMars 2 – A Draft Mission Architecture and Science Management Plan for the Return of Samples from Mars. Il documento passa in rassegna le tappe principali dell’implementazione di un piano di Mars Sample Return (Msr), la cui protagonista principale sarà la futura missione Mars 2020.

L’idea principale prevede il lancio di un lander intorno al 2026, che dovrebbe posizionarsi vicino al luogo di atterraggio del rover e raccogliere così i campioni precedentemente estratti. Una volta raccolti, i campioni saranno caricati su un veicolo separato trasportato insieme al lander, che sarà poi lanciato nell’orbita marziana. Un altro orbiter, lanciato separatamente, sarà poi destinato al rendezvous e alla successiva messa in sicurezza dei campioni marziani direttamente sulla Terra o nello spazio cislunare.  Quest’ultima missione sarebbe dunque interamente disegnata per fare da ‘taxi’ alle preziose rocce marziane, senza altri obiettivi scientifici.

La raccolta e l’analisi in situ di campioni marziani è uno degli obiettivi principali anche dell’altra grande impresa che nello stesso anno di Mars 2020 partirà alla volta del pianeta rosso: la seconda fase della missione europea Exomars. Messa a punto dall’Agenzia spaziale europea con un forte contributo italiano, Exomars porterà sul pianeta rosso un innovativo rover capace di muoversi e, soprattutto, di penetrarne il suolo per analizzarlo. Come la missione Nasa, anche quella Esa avrà il compito di indagare le antiche tracce di vita su Marte e la caratterizzazione geochimica del pianeta. E per entrambi i rover, il bagaglio scientifico raccolto studiando l’origine della vita sulla Terra sarà fondamentale.