Un movimento misterioso che si verifica durante le eruzioni solari è da anni oggetto di studio da parte della comunità scientifica. Durante i brillamenti (flare), che sono esplosioni di energia che si allontana dal Sole, gli astronomi osservano flussi scuri che invece si muovono verso il basso.

«Vogliamo sapere come avvengono queste formazioni scure simili a dita, cosa li guida e se sono veramente legati alla riconnessione magnetica» riferisce Chengcai Shen, autore principale dello studio pubblicato oggi su Nature Astronomy, insieme a una squadra di scienziati dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics (Cfa)

Dal momento della scoperta, nel 1999, gli astronomi hanno ipotizzato che questi flussi scuri, così come i brillamenti solari, fossero legati alla riconnessione magnetica, cioè all’energia immagazzinata e poi rilasciata quando questi campi magnetici si rompono prima di riformarsi.

 

«Sul Sole ci sono molti campi magnetici che vanno in tutte le direzioni. Quello che accade è che alla fine si riuniscono in un punto dove si riconfigurano, rilasciando molta energia sotto forma di brillamento solare – spiega la coautrice dello studio Kathy Reeves – Gli scienziati hanno finora supposto che i deflussi scuri fossero i segni dei campi magnetici interrotti che ritornavano al Sole dopo un’eruzione. Come allungare un elastico e tagliarlo nel mezzo: questo tornerà indietro».

Eppure, l’osservazione continua di questo fenomeno ha evidenziato che questi flussi sono troppo lenti rispetto ai modelli classici di riconnessione magnetica.

Per comprendere le reali dinamiche di questo fenomeno, il team ha analizzato i dati dell’Atmospheric Imaging Assembly (Aia) a bordo del Solar Dynamics Observatory (Sdo) della Nasa: un’immagine del Sole ogni dodici secondi e in sette diverse lunghezze d’onda. Hanno quindi elaborato simulazioni in 3D dei brillamenti solari e confrontati con le osservazioni.

I risultati hanno evidenziato che la maggior parte di questi movimenti, classificati ora come Downflow Supra-Arcade (Sad), qualcosa come “deflusso sopra l’arcata”, non sono generati dalla riconnessione magnetica, ma si formano autonomamente in un ambiente turbolento.

«Quei vuoti scuri, simili a dita, sono in realtà un’assenza di plasma. La loro densità è quasi nulla rispetto a quella del plasma circostante – spiega Reeves – La stessa cosa che accade quando l’acqua e l’olio si mescolano insieme: le due diverse densità del fluido sono instabili e alla fine si separano».

Il team prevede di continuare a studiare i processi che guidano le eruzioni del Sole utilizzando simulazioni 3D. Le ricerche aiuteranno a comprendere meglio la riconnessione magnetica e offrire nuovi strumenti per prevedere il tempo spaziale e mitigarne gli impatti.

 

Immagine in evidenza e video: deflussi sopra l’arcata luminosa del bagliore – Crediti: Nasa, Sdo