I ricercatori del progetto International Pulsar Timing Array (IPTA hanno recentemente completato l’analisi del più completo archivio oggi disponibile di dati sui tempi di arrivo degli impulsi di 65 pulsar, ciò che resta di stelle di grande massa esplose come supernove. Questa accurata indagine sperimentale rafforza le indicazioni teoriche che suggerirebbero la presenza di un vero e proprio “brusio” cosmico, prodotto da onde gravitazionali di frequenze ultra basse (da miliardesimi a milionesimi di Hertz) emesse da una moltitudine di coppie di buchi neri super-massicci.

Le pulsar studiate dal team sono dette “al millisecondo” perché ruotano attorno al proprio asse centinaia di volte al secondo, emettendo stretti fasci di onde radio che ci appaiono come impulsi a causa del loro moto di rotazione. I tempi di arrivo di questi impulsi sono stati poi combinati in un unico insieme di dati, unendo le osservazioni indipendenti di tre collaborazioni internazionali: l’European Pulsar Timing Array (EPTA, a cui appartengono i ricercatori dell’INAF e dell’Università di Milano Bicocca coinvolti nel progetto), il North American Nanohertz Observatory for Gravitational Waves (NANOGrav), e il Parkes Pulsar Timing Array in Australia (PPTA). Queste tre collaborazioni sono anche le fondatrici dell’IPTA.

L’indagine del team di IPTA su questi dati combinati ha messo in luce la presenza di un segnale a bassissima frequenza. «È un segnale molto emozionante! Anche se non abbiamo ancora prove definitive, potrebbe essere il primo passo verso la rivelazione del fondo cosmico di onde gravitazionali», dice Siyuan Chen, membro delle collaborazioni EPTA e NANOGrav, e il coordinatore per IPTA della pubblicazione dell’indagine in un articolo sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. Boris Goncharov del PPTA è comunque ancora cauto sulle possibili interpretazioni di tali segnali: «Stiamo anche esaminando a cos’altro potrebbe essere associato questo segnale. Per esempio, potrebbe magari derivare da un rumore presente nei dati delle singole pulsar che potrebbe essere stato modellato in modo improprio nelle nostre analisi».

Il prossimo passo per il team di IPTA sarà la misura della cosiddetta “correlazione spaziale” tra le pulsar. Spiega Andrea Possenti, dell’INAF di Cagliari, e coautore del lavoro: «La correlazione del segnale tra le coppie di pulsar è la chiave per chiarire la fonte del segnale. Perché si tratti del fondo di onde gravitazionali, ogni coppia di pulsar deve comportarsi in un modo molto specifico, a seconda della loro separazione angolare nel cielo. Al momento non si può concludere nulla al proposito: abbiamo infatti bisogno di un segnale più forte per misurare questa correlazione». Gli fa eco Bhal Chandra Joshi, membro dell’InPTA (il consorzio sperimentale con base in India, da poco entrato a sua volta nel IPTA): «Il primo indizio è un segnale come quello ora veduto nei dati dell’IPTA. Poi, con più dati, speriamo che il segnale inizierà a mostrare le attese correlazioni spaziali: a quel punto sapremo che si tratta davvero del fondo cosmico di onde gravitazionali».

Lo studio è stato pubblicato sul sito web della rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society nell’articolo The International Pulsar Timing Array second data release: Search for an isotropic Gravitational Wave Background