Il 7 gennaio scorso, su Science Advances, è stato pubblicato uno studio congiunto dell’Institute of Geology and Geophysics della Chinese Academy of Sciences (Igg-Cas), del National Space Science Center (Nssc-Cas) e dello Shanghai Institute of Technical Physics (Stip-Cas) – ambedue afferenti alla medesima accademia – e delle Università di Nanchino e delle Hawaii.
Lo studio, condotto da un variegato gruppo di ricercatori e guidato dai docenti Lin Yangting e Lin Honglei, si riferisce ai risultati delle analisi eseguite sui campioni rocciosi lunari e sui dati spettrali di riflettanza dalla superfice lunare, acquisiti dal lander Chang’E-5.
Ricordiamo che la sonda Chang’E-5, progettata per l’estrazione di materiale lunare e per il tracciamento di molecole d’acqua sulla superficie, è partita dal centro spaziale di Wenchang il 23 novembre 2020 ed ha eseguito l’allunaggio il 1° dicembre 2020; più precisamente, l’atterraggio è avvenuto nell’Oceanus Procellarum, in prossimità del complesso vulcanico Mons Rumker. Il punto di atterraggio prescelto è uno dei terreni basaltici più giovani ed è situato a una latitudine medio-alta della Luna; inoltre, è costituito da un suolo di tipo Kreep, pertanto particolarmente ricco di metalli e minerali (come titanio, torio e olivina).
Una volta concluse le sue operazioni, i campioni raccolti dalla sonda (1,731 kg di regolite e roccia lunare) sono stati riportati sulla Terra il 16 dicembre 2020.
Sebbene già alla fine del 2020 la Nasa avesse confermato la presenza di acqua nella regolite lunare (da 100 a 412 ppm-parti per milione) mediante il proprio telescopio Sofia (Stratospheric Observatory for Infrared Astronomy), è incoraggiante constatare che i dati acquisiti dal lander cinese siano pressoché compatibili con quelli.
Invero, si tratterebbe di quantità variabili molto basse (dalle 30 ppm alle 120 ppm). Si specifica che i picchi di presenza di acqua nei campioni di regolite sono stati identificati nei soli due punti D11 e D12 (vedi immagine allegata) e che la loro origine potrebbe avere differenti spiegazioni; la più attendibile è che si sia prodotta per l’interazione delle radiazioni del vento solare con la regolite stessa, oppure che si tratti di molecole provenienti dai gas di scarico del lander. L’ipotesi meno probabile è che possa provenire dal sottosuolo lunare.
Invece, la quantità di acqua rinvenuta (circa 70ppm) nel campione di roccia (CE5-Rock), diversamente dalle molecole rinvenute sui campioni di regolite, potrebbe provenire dal sottosuolo lunare. Tuttavia, si evidenzia che l’origine geologica della roccia analizzata risulta diversa dal suo luogo di estrazione; ciò farebbe anche pensare che la roccia recuperata dal lander possa aver raggiunto quella regione lunare, per esempio a seguito di un impatto di asteroide (il quale potrebbe anch’esso essere l’origine di quelle molecole di acqua).
Ad ogni modo, nonostante in passato siano giunti sulla Terra altri campioni lunari e la presenza di acqua sulla Luna sia già stata ampiamente appurata, la ricerca a guida cinese ha senza dubbio un valore storico e scientifico senza precedenti; ciò perché si tratta della prima rilevazione di acqua sulla Luna, eseguita direttamente in situ. Infatti, prima che il materiale lunare venisse campionato e analizzato sulla Terra, il Lunar Mineralogical Spectrometer (Lms) a bordo del lander ha eseguito misurazioni della riflettanza spettrale della regolite e di una roccia.
L’acqua (OH e/o H2O) può essere rilevata su caratteristiche spettrali a ~3 µm. Tuttavia, al di sopra di 2 µm, l’emissione termica dalla superficie lunare calda modifica significativamente e maschera il segnale. Pertanto, i ricercatori hanno utilizzato un modello di correzione termica per pulire gli spettri Lms, il quale, una vola applicato, ha evidenziato gli indubbi assorbimenti spettrali a 2,85 µm nel sito di atterraggio di Chang’E-5.