Rapidi e ampi ‘ceffoni’ da parte di altri corpi celesti che l’avrebbero sconvolto a tal punto da fargli imboccare un cammino differente rispetto a quello della Terra: stiamo parlando di Venere, il secondo pianeta del Sistema Solare, simile al nostro ma non troppo.
Uno studio, basato su modelli e recentemente presentato al convegno autunnale dell’American Geophysical Union, ha cercato di individuare le cause che hanno portato i due pianeti ‘vicini di casa’ ad avere un percorso evolutivo diseguale. La ricerca, dal titolo “The role of early energetic collisions in shaping Venus’ evolution”, è stata illustrata lo scorso 16 dicembre da Simone Marchi, astrofisico italiano in forze al Southwest Research Institute (San Antonio, Texas).
Venere e la Terra presentano alcuni tratti analoghi, come le dimensioni, la massa e la densità; è relativamente simile anche la loro distanza dal Sole. I due corpi celesti, invece, non sono ‘in sintonia’ per quanto riguarda l’abitabilità, la composizione dell’atmosfera e la tettonica delle placche; queste differenze, che coinvolgono caratteristiche di primaria importanza per lo sviluppo della vita, presentano ancora molti interrogativi.
Tali diversità, secondo il nuovo studio, potrebbero essere connesse all’influenza degli impatti ad alta velocità subiti da Venere: la sua strada si sarebbe divisa da quella della Terra proprio per le ‘percosse’ ricevute, che ne avrebbero alterato in primis la superficie e l’atmosfera, poi l’interno.
Una precedente ricerca, condotta da un altro gruppo di lavoro, si è focalizzata sulla velocità delle entità che hanno impattato Venere durante la fase avanzata del suo accrescimento: in un lasso compreso tra 4,5 e 4 miliardi di anni fa, oltre un quarto delle collisioni sarebbe avvenuto a una velocità di almeno 30 chilometri al secondo.
La nuova indagine aggiunge ulteriori particolari a questi eventi traumatici: l’arrivo violento dei corpi impattanti avrebbe prodotto pesanti conseguenze sul mantello di Venere, arrivando in taluni casi a scioglierlo completamente. Secondo Marchi, anche un solo ‘botto’ sarebbe stato sufficiente a interrompere l’evoluzione di Venere, portandola a una sorta di azzeramento: in pochi istanti il pianeta ‘malmenato’ potrebbe essere passato dalla condizione di corpo roccioso e solido a una massa fusa e informe, con profonde conseguenze su mineralogia, crosta e struttura interna.
Questo sconvolgimento avrebbe coinvolto anche la preesistente atmosfera che, spazzata via, sarebbe stata sostituita dai gas prodotti dalla fusione. Un evento di questo tipo avrebbe potuto anche incidere sull’eventuale formazione di placche tettoniche, ritenute un elemento-chiave perché vi siano condizioni di abitabilità. Uno scenario a tinte fosche che, quindi, avrebbe condotto Venere su un percorso evolutivo divergente rispetto a quello della Terra.
Crediti immagine: Nasa