Per un pianeta, avere un campo magnetico è una gran bella cosa. Lo ‘scudo’ generato dalle correnti elettriche che attraversano il nucleo planetario permette di proteggere il mondo in questione dalle particelle dannose provenienti dal vento solare. È (anche) grazie alla magnetosfera, ad esempio, se la Terra è stata in grado di ospitare la vita.
Oltre al nostro pianeta, condividono la fortuna di avere un campo magnetico anche Mercurio, Giove, Saturno, Urano e Nettuno. Questi ultimi sono i due pianeti più esterni del Sistema solare, e quindi sono anche i più freddi: per questo sono stati chiamati ‘giganti ghiacciati’.
Il campo magnetico di Urano e Nettuno è però molto diverso da quello degli altri mondi: non è allineato con il loro asse di rotazione. Un fenomeno particolarmente evidente nel caso di Urano, il cui campo magnetico è inclinato di circa 60 gradi rispetto all’asse planetario. Questi campi magnetici ‘sbilenchi’ sono più difficili da comprendere, e ad oggi non sono ancora noti i meccanismi grazie ai quali giganti ghiacciati come Urano e Nettuno riescono a mantenere il loro campo magnetico.
Un nuovo studio guidato dal Carnegie e dall’Università di Chicago sembra aver trovato una possibile risposta: uno strato di ghiaccio ‘caldo’, elettricamente carico, potrebbe essere responsabile della generazione dei campi magnetici dei pianeti come Urano e Nettuno. La scoperta è appena stata pubblicata su Nature Physics.
Per capire la portata di questo risultato occorre prima di tutto partire dal concetto di hot ice. Il ghiaccio come lo conosciamo è per definizione freddo: le molecole che lo compongono sono disposte in un reticolo cristallino tenuto insieme da legami tra gli atomi di idrogeno e quelli di ossigeno. Ma questi legami sono molto versatili – il che significa che il ghiaccio può in realtà esistere sotto diverse forme, che presentano strutture molecolari diverse.
E qui arriviamo al ghiaccio caldo: gli scienziati lo chiamano ghiaccio superionico, perché si forma a pressioni e a temperature estreme che ‘spostano’ i legami tra atomi, permettendo alle molecole di idrogeno di fluttuare liberamente in un reticolo di ossigeno.
Il nuovo studio si è concentrato proprio sul ghiaccio superionico: i ricercatori hanno utilizzato diversi strumenti spettroscopici per mappare i cambiamenti nella struttura e nelle proprietà del ghiaccio in condizioni che vanno fino a 1,5 milioni di volte la normale pressione atmosferica. I risultati, ottenuti in particolare grazie al potentissimo Advanced Photon Source, hanno permesso di individuare l’emergere di almeno due forme di ghiaccio superionico. Una di queste, secondo gli autori dello studio, potrebbe essere trovato all’interno dei pianeti giganti di ghiaccio Urano e Nettuno. Ed essere il principale responsabile dello strano campo magnetico di questi giganti ghiacciati.