ANTICO UNIVERSO/Uno studio pubblicato su Nature Astronomy si focalizza sui buchi neri a collasso diretto e ne traccia un identikit per future ricerche

Valeria Guarnieri20 settembre 2018

Si formano quando le stelle giungono all’epilogo della loro evoluzione e sono degli instancabili ‘golosoni’ di materia, che divorano avidamente accrescendo la loro stazza: sono i buchi neri, oggetti celesti di estrema densità, costantemente sotto i riflettori non solo per il fascino gothic che esercitano sull’immaginario collettivo, ma soprattutto per l’intensa attività di ricerca ad essi dedicata. I ‘buongustai cosmici’ e le loro origini sono il fulcro di un nuovo studio condotto da un gruppo di astronomi del Center for Relativistic Astrophysics presso il Georgia Institute of Technology di Atlanta. L’indagine, supportata da varie istituzioni (tra cui la Nasa), è stata pubblicata recentemente su Nature Astronomy (articolo“Observational signatures of massive black hole formation in the early Universe”) e si centra su un particolare tipo di buchi neri, definiti a ‘collasso diretto’ (Dcbh – Direct Collapse Black Holes).

Gli astronomi, infatti, hanno teorizzato l’esistenza di un’altra categoria di queste entità, distinguendola in base al processo di formazione: oltre ai buchi neri originati dalla fine delle stelle, ne esisterebbero altri formatisi al momento della nascita delle galassie, designati come Dcbh. Al momento nessun telescopio è riuscito a spingersi nelle pieghe nel tempo al punto da poter osservare le condizioni che hanno ‘dato il la’ ai Dcbh; quindi, in attesa di sfruttare la vista acuta del telescopio Webb, il gruppo di lavoro ha dovuto ricorrere a delle simulazioni informatiche. In questo modo, gli astronomi si sono fatti un’idea di cosa andare a cercare quando potranno disporre di mezzi più potenti. Le simulazioni – basate su parametri quali la gravità, le radiazioni e l’idrodinamica – hanno messo in rilievo che la formazione di questi particolari buchi neri dovrebbe essere accompagnata da radiazioni intense, compresi i raggi x e l’ultravioletto che, nel momento in cui raggiunge il telescopio, dovrebbe spostarsi verso l’infrarosso. Da questi buchi neri a collasso diretto, inoltre, dovrebbero avere origine stelle massicce e prive di elementi metallici, un dato che gli studiosi non si sarebbero aspettati.

A dare il via alla nascita dei Dcbh sarebbero state nubi di gas di dimensioni molto vaste durante i primi stadi di formazione delle galassie; nello svolgere le simulazioni, gli astronomi si sono particolarmente concentrati sulle eventuali differenze fisichetra questi buchi neri e i loro ‘colleghi’ usuali, centrandosi soprattutto sulla firma spettrale. In definitiva, i Dcbh deriverebbero dal crollo del gas in una stella di massa 100mila volte superiore a quella del Sole; l’astro, a sua volta, si troverebbe a vivere una fase di instabilità gravitazionale che lo condurrebbe a collassare in un buco nero massiccio. Gli studiosi confidano nel telescopio Webb per poter fare ulteriore chiarezza su queste entità dell’Universo primordiale.