Il nuovo obiettivo degli Stati Uniti di tornare sulla Luna entro il 2024 sta ponendo molte questioni urgenti, dalla costruzione di nuovi lander allo sviluppo di tecnologie lunari per una futura presenza prolungata sul nostro satellite.
Ma un altro tema tornato alla ribalta è quello della sicurezza dei viaggi spaziali di media e lunga durata. Diversi studi hanno già dimostrato i possibili rischi per la salute dell’equipaggio legati all’esposizione prolungata alle radiazioni. Lo conferma una nuova ricerca dell’Henry Ford Hospital, secondo cui la permanenza nello spazio potrebbe avere effetti negativi su muscoli e cartilagine, indebolendo le giunture degli astronauti.
Le forze biochimiche che agiscono nello spazio, spiegano gli scienziati, sono differenti da quelle che operano sul nostro pianeta, il che può causare importanti modifiche nel sistema muscolo-scheletrico degli esseri umani. Per testare questi rischi al momento il laboratorio migliore è la Stazione spaziale internazionale, che però diventa insufficiente in vista di future missioni verso lo spazio profondo.
Per questo la Nasa sta trovando nuovi modi per verificare l’effetto delle radiazioni oltre l’orbita bassa: uno di questi è BioSentinel, un veicolo grande quanto una valigetta che nel 2020 porterà nello spazio cellule vive – le prime forme viventi a raggiungere queste distanze dal 1972. Il cubesat dell’agenzia spaziale statunitense avrà a bordo dei saccaromiceti, particolare tipo di lievito che sarà esposto alle radiazioni dello spazio profondo per un periodo che andrà dai 9 ai 12 mesi.
L’esperimento punta ad aprire una nuova finestra di conoscenza sugli effetti a lungo termine dell’esposizione prolungata nello spazio, in particolare per quanto riguarda le alterazioni del Dna, fondamentali per quantificare molti degli ipotizzati rischi per la salute degli astronauti in vista delle missioni di lunga durata verso la Luna e oltre.