Quanti pianeti scopriamo e in quali regioni della Via Lattea dipende inevitabilmente dalla nostra posizione d’osservazione. Ecco perché quelli che conosciamo si concentrano in poche migliaia di anni luce dalla Terra. Una distanza assai limitata rispetto all’estensione per oltre 100mila anni luce della nostra galassia. Comprendere la distribuzione dei pianeti presenti nella vastità galattica, incluso il suo centro, diventa così molto complicato.

Alcuni ricercatori guidati dall’Università di Osaka e dalla Nasa hanno trovato il modo per superare questo limite. La soluzione è giunta combinando due elementi: le osservazioni basate sulle microlenti gravitazionali e i modelli galattici di previsione. Il team è riuscito così a determinare la distribuzione dei pianeti nella Via Lattea scoprendo che dipende meno di quanto pensato dalla distanza dal bulge, ossia il centro galattico.
Lo studio è stato pubblicato su The Astrophysical Journal Letters.

Le osservazioni del team si sono basate sul microlesing gravitazionale, effetto osservativo previsto dalla relatività generale di Einstein. In questo fenomeno, la curvatura dello spazio-tempo prodotta dai corpi celesti funge come una lente d’ingrandimento cosmica: la luce di altre stelle lontane viene piegata, incrementandone apparentemente l’immagine e amplificandone la luminosità. Se la stella lente ospita un sistema planetario, i campi gravitazionali dei pianeti possono cooperare con quello del loro sole nel formare la curvatura cosmica: ognuno di loro produce, quindi, una breve deviazione sulla luce della stella sorgente. Lo studio di queste permette, così, di scoprire la presenza dei pianeti che cooperano alla lente cosmica, riuscendone a misurare per ciascuno massa e distanza dalla sua stella. In questo caso, il fenomeno può essere usato per rilevare pianeti simili a Giove e Nettuno in tutta la nostra galassia.

«Il microlensing gravitazionale fornisce attualmente l’unico modo per indagare la distribuzione dei pianeti nella Via Lattea – dice Daisuke Suzuki dell’Università di Osaka, coautore dello studio. – Ma finora, si sa poco soprattutto a causa della difficoltà di misurare la distanza dei pianeti che si trovano a più di 10.000 anni luce dal Sole».

Se si hanno informazioni poco esaustive sulla relazione massa-distanza tra il pianeta e la sua stella, diventa impossibile determinare la posizione galattica del sistema che genera la lente cosmica. Di conseguenza non si riesce a identificare quanti pianeti stiano cooperando nel generarla. Per questo motivo, il team si è affidato al secondo ingrediente della loro strategia combinata: l’empasse è stato infatti risolto grazie ai modelli predittivi che descrivono il movimento relativo della lente cosmica e della sorgente luminosa piegata nel microlensing planetario, potendo così dedurre la corretta distribuzione galattica dei pianeti.

I risultati emersi dall’incrocio mostrano per la nostra galassia una distribuzione planetaria che dipende solo debolmente dalla distanza del centro galattico, il bulge. Pianeti orbitanti lontano dalle loro stelle risultano quindi presenti ovunque nella Via Lattea, compreso il bulge galattico, dove la presenza planetaria è stata lungo a incerta.

«Le stelle nella regione del bulge sono più vecchie e si trovano molto più vicine le une alle altre rispetto alle stelle più prossime al sistema solare – spiega l’autore principale dello studio, il ricercatore Nasa Naoki Koshimoto.Aver scoperto che i pianeti risiedono in entrambi questi ambienti stellari potrebbe portare a una migliore comprensione di come si formano ed evolvono i sistemi planetari nella Via Lattea».

 

Crediti immagine in evidenza: Osaka University