Il cielo che crolla sulle nostre teste non è l’effetto speciale di un film apocalittico bensì la risposta innescata dall’atmosfera terrestre a causa delle emissioni di gas serra, fenomeno mostrato per la prima volta da tre satelliti NASA.

Unendo i dati dei satelliti AIM, TIMED e UARS, un team di ricerca ha analizzato 30 anni di osservazioni dell’atmosfera terrestre, scoprendo che la mesosfera, lo strato tra i 50 e i 90 km sopra la superficie, si sta raffreddando e contraendo.

Con osservazioni sopra i poli terrestri durante ogni estate, lo studio ha calcolato un calo termico tra i due e i tre gradi centigradi e una contrazione dai 150 a 200 metri che ogni dieci anni interessano la mesosfera, prima osservazione di una tendenza prevista a causa del climate change ma mai provata prima d’ora.

La contrazione del terzo strato atmosferico porta così a un crollo celeste degli strati più alti con effetti sui satelliti stessi: diminuisce infatti l’interferenza tra gas e satelliti, favorendo così una minore spinta fuori dall’orbita delle strumentazioni, che diventano più longeve ma con il rischio di incrementare la spazzatura spaziale nell’orbita bassa della terra.

Indicatore del fenomeno sono state le nottilucenti, le nubi più alte dell’atmosfera che si raggruppano nella mesosfera d’estate intorno ai poli terrestri in presenza di tre ingredienti: concentrazioni di vapore acqueo, temperature molto fredde e polvere di meteoriti che bruciano in questa parte dell’atmosfera.

L’aumento delle nuvole e della loro luminosità, oltre all’allontanamento dai poli, sarebbe l’indicatore di come negli ultimi decenni la temperatura stia diventando più fredda e il vapore acqueo stia aumentando, mostrando così il ruolo del cambiamento climatico e l’importanza delle osservazioni spaziali a lungo termine in tutto il mondo.

 

Crediti immagine in evidenza: NASA