L’esistenza dei buchi neri è prevista nella teoria della relatività generale di Albert Einstein. Grazie alla prima immagine di un buco nero scattata dal telescopio Event Horizon nel 2019, un recente studio ha analizzato l’ombra del supermassiccio M87 calcolandone così le dimensioni e ponendolo a confronto con la teoria Einsteniana.
La difficoltà di osservazione dei buchi neri è dovuta all’orizzonte degli eventi, confine che dipende da massa, velocità di rotazione e carica del buco nero. Oltre l’orizzonte degli eventi, luce e materia non possono sfuggire, rendendo così il buco nero inosservabile, senza però non lasciare un segno.
E’ proprio l’ombra causata dalla curvatura gravitazionale e dalla luce trattenuta a rivelare molto della natura di questi affascinanti oggetti, fornendo informazioni su come dimensioni del buco e geometria dei suoi dintorni possano cambiare a causa della massa e dell’eventuale rotazione del buco nero. In base alle dimensioni delle loro ombre è possibile dire, dunque, se i buchi neri sono carichi, rotanti e conformi alle previsioni di Einstein o più vicine a teorie della gravità alternative.
Oggi, partendo dall’ombra scura di M87, un team di scienziati della Event Horizon Telescope Collaboration, guidato da fisici teorici dell’Università di Francoforte, ha analizzato i dati del buco nero misurandone l’enorme massa e dimostrando che le osservazioni di M87 sono in eccellente accordo con la teoria della relatività generale di Einstein. Lo sono, ma solamente in una certa misura, anche con modelli ispirati alla teoria delle stringhe, la quale, prevedendo l’esistenza di un campo aggiuntivo nella descrizione della fisica fondamentale, implicherebbe modificazioni osservabili nelle dimensioni del buco nero e nella curvatura delle sue vicinanze.
Immagine in evidenza: Goethe University Frankfurt