Le sue forme sinuose, che ricordano la lettera S, sono un suo tratto distintivo e sono attribuite ad un drammatico scontro avvenuto in passato: la protagonista di un nuovo studio di Nature Astronomy è Centaurus A, galassia situata nell’omonima costellazione, ad una distanza di circa 13 milioni di anni luce.

L’attuale entità sarebbe frutto di un processo di fusione che ha coinvolto una galassia ellittica ed una a spirale, circa 100 milioni di anni fa; l’evento non ha interessato solamente la struttura esteriore delle due galassie, ma anche i loro campi magnetici come appunto illustra il già citato studio, condotto dall’Istituto Kavli per l’Astrofisica delle Particelle e la Cosmologia di Stanford (“The magnetic field across the molecular warped disk of Centaurus A”).

L’indagine si è basata sui dati di Sofia (Stratospheric Observatory for Infrared Astronomy), missione congiunta della Nasa e dell’agenzia spaziale tedesca Dlr, ideata per osservare l’Universo nell’infrarosso. Grazie alla sensibilità dei suoi strumenti, per la prima volta, è stato possibile realizzare una mappatura dei campi magnetici di Centaurus A, che nell’immagine appaiono come ‘pennellate’; i campi si estendono per circa 1600 anni luce e appaiono paralleli ad una serie di scie di polvere, ritenute i resti dell’antica galassia a spirale.

Tuttavia, il quadro si è presentato differente quando gli scienziati sono giunti ad esaminare l’area vicino alla parte centrale del disco galattico. L’impatto tra le due galassie, oltre ad aver cambiato i connotati a quella a spirale ed aver scatenato un’intensa formazione stellare, ha provocato una distorsione nei campi magnetici su scala ridotta, torcendoli e aumentandone l’intensità. Processi simili, avvenuti nell’Universo primordiale, possono aver contribuito a trasformare antichi campi magnetici, relativamente deboli, nelle forze possenti riscontrate con gli strumenti odierni.

I dati di Sofia erano stati utilizzati anche in precedenza per questo tipo di indagini, che però avevano lasciato aperti parecchi interrogativi sull’azione dei buchi neri attivi sui campi magnetici. Nel caso di Centaurus A, gli astronomi hanno ipotizzato che il suo buco nero super-massiccio possa aggiungere ulteriore disordine al campo magnetico già distorto; tra l’altro i campi prossimi a questi elusivi oggetti celesti sono particolarmente complessi e possono esercitare la loro influenza sul materiale che fluisce nei buchi neri, persino in altre galassie.

Ulteriori approfondimenti potranno essere effettuati quando sarà finalmente al lavoro il tanto atteso telescopio Webb. Nel mentre, lo studio di Nature Astronomy conferma il ruolo delle fusioni galattiche e dei loro campi magnetici potenziati nell’aver plasmato l’antico Universo.