La quasi totalità della sua superficie è coperta da una folta coltre ghiacciata, che, dal punto di vista degli studi geologici, lo rende ancora oggi un’area poco conosciuta e su cui c’è molto da lavorare, soprattutto nel campo della tettonica: si tratta dell’Antartide, il continente ‘bianco’ che abbraccia il Polo Sud terrestre, protagonista di un nuovo studio centrato sui legami magnetici con le terre che erano sue vicine in un lontano passato.
L’indagine, basata su dati satellitari e aeromagnetici, è stata svolta da un gruppo di ricercatori dell’Istituto delle Scienze di Terra dell’Università di Kiel, del British Antarctic Survey e dell’Università Witwatersrand di Johannesburg ed è stata pubblicata ieri su Scientific Reports (articolo: “East Antarctica magnetically linked to its ancient neighbours in Gondwana”); nello specifico, i dati satellitari sono quelli della costellazione Swarm, missione Esa che ha preso il via nel 2013 ed è dedicata allo studio del campo magnetico terrestre.
Il gruppo di lavoro ritiene che lo studio della geologia sub-glaciale dell’Antartide sia di fondamentale importanza non solo per approfondire la storia dell’evoluzione dei continenti, ma anche per comprendere come la crosta terrestre possa influenzare la soprastante coltre ghiacciata. Infatti, la combinazione tra dati satellitari ed aeromagnetici ha fornito l’anello mancante per connettere – anche dal punto di vista della tettonica – l’Antartide alle terre che un tempo le erano adiacenti, ovvero quelle che insieme ad essa costituivano il super-continente Gondwana: Australia, Nuova Zelanda, Sud America, India, Madagascar, Arabia e Sud Africa. Questo enorme agglomerato di terre emerse ha iniziato a separarsi nel periodo Giurassico (circa 180 milioni di anni fa), lasciando isolata, alla fine del processo, l’Antartide.
La combinazione tra i dati si è resa necessaria perché quelli aeromagnetici non arrivano a coprire ogni zona della Terra: le informazioni raccolte da Swarm, invece, hanno consentito la creazione di modelli informatici con cui sono state colmate le lacune. Inoltre, i dati satellitari sono stati utili per rendere omogenei quelli aeromagnetici, che, coprendo un periodo di oltre 60 anni, presentavano notevoli differenze nell’accuratezza e nella risoluzione. Le simulazioni informatiche hanno mostrato un quadro completo dei movimenti delle placche tettoniche, nel corso di milioni di anni, dopo la separazione delle terre del Gondwana.
Quindi, la combinazione dei dati ha permesso agli studiosi di guardare in profondità sotto la superficie dell’Antartide e di stabilire collegamenti geologici e geofisici tra le varie terre: le connessioni magnetiche tra gli antichi cratoni (resti di terre ancestrali individuate nel cuore delle attuali placche continentali) e orogeni (regioni accidentate connesse alle catene montuose e ai letti oceanici) di Africa, India, Australia e Antartide orientale ora sono molto più chiare.
In alto: un’immagine dalle simulazioni realizzate per lo studio (Crediti: Università di Kiel)