Un team di scienziati delle Università del Massachusetts, Rhoode Island e Darthmouth ha tentato di fare luce sulle caratteristiche dei buchi neri di tipo estremo, tra gli oggetti cosmici più misteriosi e di difficile comprensione. I buchi neri, se analizzati seguendo le leggi della Relatività Generale di Einstein, sono caratterizzati da tre parametri ‘classici’, ovvero massa, rotazione e carica elettrica – quest’ultima presente solo in minima parte, da rendere sufficiente solo la presenza delle prime due. Questi principi sono anche enunciati all’interno del teorema no hair, che mette d’accordo gran parte della comunità scientifica, secondo il quale un buco nero è completamente caratterizzato da tre parametri ‘classici’. In particolare, dopo il collasso gravitazionale del corpo che produce il buco nero, tutte le altre informazioni sull’oggetto – denominate appunto ‘capelli’ – diventano inaccessibili, in quanto scompaiono dietro l’orizzonte degli eventi del buco nero.

Secondo l’approccio quantistico, invece, i buchi neri avrebbero in realtà caratteristiche aggiuntive – i capelli – che rivelerebbero l’esistenza di nuovi campi fondamentali.

 Nel corso dello studio, il gruppo di astronomi ha focalizzato l’attenzione su una particolare classe di buchi neri: quelli estremi, dotati della massa minima possibile, compatibile con le cariche specificate e il momento angolare. Analizzando questi singolari oggetti cosmici, gli astronomi hanno scoperto che esiste una quantità che può essere costruita dalla curvatura dello spazio-tempo, sino all’orizzonte del buco nero, conservata e misurabile da un osservatore distante. Poiché questa quantità dipende dal processo di formazione del buco nero, e non solo dai tre attributi classici, massa, l rotazione e carica elettrica, viola la sua unicità. 

Questa quantità costituisce “i capelli gravitazionali” ed è potenzialmente misurabile dagli osservatori per la rilevazione delle onde gravitazionali già attivi come Ligo e da quelli del futuro come Lisa. 

«Questo nuovo risultato è sorprendente – ha detto Burko – perché i teoremi sull’unicità dei buchi neri sono ben consolidati, e in particolare quelli che descrivono gli oggetti di classe estrema. Anche se le perturbazioni esterne dei buchi neri estremi decadono, come accade anche ai buchi neri regolari, lungo l’orizzonte degli eventi alcuni campi di perturbazione si evolvono nel tempo indefinitamente. I teoremi di unicità presuppongono l’indipendenza dal tempo. Ma il fenomeno da noi analizzato viola esplicitamente l’indipendenza dal tempo lungo l’orizzonte degli eventi. Questa è la scappatoia attraverso la quale i ‘capelli’  possono fuoriuscire ed essere osservati a grande distanza da un osservatorio di onde gravitazionali».

Per dimostrare questa nuova ipotesi, il team ha utilizzato una serie di simulazioni numeriche per la generazione dei risultati. Le simulazioni hanno coinvolto l’utilizzo di dozzine di unità di elaborazione grafica (GPU) Nvidia di fascia alta. Nello specifico, ciascuna di queste GPU può eseguire fino a 7 trilioni di calcoli al secondo. Tuttavia, i calcoli sono così complessi che ci vorranno ancora diverse settimane prima di arrivare a un risultato soddisfacente.