Utilizzando i dati dei telescopi dell’Eso Very Large Telescope (Vlt) e Vlt Survey Telescope (Vst), un gruppo di ricercatori dell’Inaf e di diverse istituzioni internazionali, membri della Kilo Degree Survey (Kids) effettuata con il Vst, hanno scoperto una rarissima classe di lenti gravitazionali – lenti che hanno permesso di osservare galassie compatte con formazione stellare attiva, ma che sono in procinto di interromperla. In particolare, si tratta delle prime croci di Einstein mai osservate aventi come oggetto sorgente non quasar ma galassie post-“blue nuggets” (pepite blu).

Le lenti gravitazionali sono spettacolari fenomeni astrofisici che si verificano quando la luce di una galassia lontana (detta sorgente) attraversa il campo gravitazionale di una galassia più vicina (detta lente). Il risultato di questa interazione è che l’osservatore vede un’immagine distorta, moltiplicata e a volte molto amplificata della galassia più lontana. In tal senso, le lenti gravitazionali rappresentano dei veri e propri “telescopi cosmici” perché, amplificando la luce della sorgente, permettono di studiare le proprietà di galassie molto lontane che altrimenti non avremmo visto o avremmo visto male. «Negli ultimi anni», dice lo scienziato alla guida dello studio, Nicola R. Napolitano dell’Università Sun Yat-sen di Zhuhai, in Cina, «abbiamo intrapreso una ricerca sistematica di lenti gravitazionali grazie all’utilizzo dell’intelligenza artificiale. E proprio in uno dei nostri ultimi articoli, abbiamo scoperto alcune lenti molto particolari e interessanti». In questo studio precedente al quale fa riferimento Napolitano, guidato da Rui Li, altro autore dello studio in esame, la ricerca di lenti era stata condotta su un’area di circa mille gradi quadrati della survey Kids, scoprendo decine di nuove possibili lenti gravitazionali. «Abbiamo scoperto», ricorda Napolitano, «due possibili “croci di Einstein” (Kids J2329-3409 e Kids J1224+0050), e cioè lenti gravitazionali formatesi quando la luce di una sorgente puntiforme passa molto in prossimità del centro della lente, creando immagini multiple poste in maniera simmetrica attorno alla lente, a formare una vera e propria croce. Questi eventi sono estremamente rari, data la bassa probabilità di una tale sovrapposizione: fino a oggi ne conoscevamo una mezza dozzina, a fronte di alcune centinaia di lenti gravitazionali di vario genere».

Il gruppo di ricercatori ha quindi raccolto nuovi dati per confermarne la natura di lenti gravitazionali. «Siamo riusciti a ottenere dati spettroscopici con lo spettrografo Muse, montato sul telescopio Vlt, con lo scopo di verificare la natura dei sistemi che abbiamo scoperto», spiega Chiara Spiniello, dell’Università di Oxford. «Muse è uno strumento a spettroscopia a campo integrale, che consente di misurare in un sol colpo lo spettro della galassia lente e delle quattro immagini della sorgente. Abbiamo potuto dimostrare senza ombra di dubbio che le 4 immagini sono immagini multiple della stessa sorgente, perché ne abbiamo misurato spettri identici: le nostre sono quindi delle vere e proprie lenti gravitazionali. I nostri spettri ci dicono anche che le due sorgenti sono galassie situate rispettivamente a circa 8 e 10 miliardi di anni luce da noi, quando l’universo aveva circa un terzo della sua età attuale».

Fonte: comunicato Inaf