La superficie del Sole è caratterizzata da un ambiente ricco di fenomeni molto violenti, regolati da una complessa attività magnetica. Tra questi troviamo le macchie solari, regioni della superficie solare prodotte da forti concentrazioni del campo magnetico, spesso precursori dei brillamenti solari, o flare, ovvero intense esplosioni di energia dalla superficie del sole.
Lo studio e il monitoraggio delle macchie solari può dirci molto sull’origine e sulle modalità con cui si verificano i brillamenti ma può rivelarsi utile anche per comprendere la frequenza dei brillamenti su altre stelle, un aspetto chiave per determinare l’abitabilità dei sistemi planetari che orbitano attorno ad esse.
La presenza di pochi flare sulla superficie di una stella può aiutare a costruire sui pianeti che orbitano attorno al corpo celeste molecole complesse come l’Rna e il Dna a partire da elementi più semplici; al contrario, troppi brillamenti possono spogliare intere atmosfere, rendendo il sistema planetario inabitabile.
Per osservare come apparirebbe una macchia solare e il suo effetto sull’atmosfera di una stella, un nuovo studio ha esaminato le macchie solari a bassa risoluzione come se fossero situate a miliardi di chilometri di distanza.
Utilizzando le immagini ad alta risoluzione del Sole, provenienti dal Solar Dynamics Observatory della Nasa e dalla missione congiunta Nasa-Jaxa Hinode, il team di scienziati ha creato delle curve di luce, utilizzando 14 diverse lunghezze d’onda. I risultati mostrano che le curve di luce differiscono a diverse lunghezze d’onda: nella luce visibile, ad esempio, quando una singola macchia solare appare al centro del Sole, quest’ultimo risulta più debole.
Inoltre, osservando le curve di luce a raggi X e ultravioletti, che mostrano l’atmosfera sopra le macchie solari, il team ha scoperto che il riscaldamento causato dal magnetismo delle macchie potrebbe anche causare un oscuramento della luce proveniente dall’atmosfera a bassa temperatura. Questi risultati possono fornire uno strumento utile a determinare i diversi ambienti delle macchie solari.
In conclusione, studiando l’attività stellare su giovani stelle gli scienziati possono ottenere informazioni fondamentali per comprendere come potrebbe essere stato il nostro giovane Sole. Questo aspetto, a sua volta, aiuta a capire come la nostra giovane stella ha influenzato Venere, la Terra e Marte agli albori della loro formazione, e potrebbe anche spiegare perché la vita sulla Terra è iniziata quattro miliardi di anni fa. I risultati dello studio potranno contribuire a individuare giovani stelle che potrebbero ospitare nelle loro orbite pianeti abitabili.