Le attuali teorie che descrivono che descrivono la materia oscura – l’elemento che compone la maggior parte della massa di una galassia e costituisce il fondamento della struttura su larga scala del nostro Universo – potrebbero avere delle lacune. Lo afferma uno studio italiano guidato dall’Inaf e realizzato grazie ai dati di Hubble e del Vlt dell’Eso che ha preso in esame un campione composto da undici enormi ammassi galattici, di cui tre osservati con grande dettaglio combinando le analisi dei due telescopi. Gli astronomi hanno scoperto che c’è una discrepanza tra le osservazioni e i modelli teorici che indicano la distribuzione della materia oscura in questi raggruppamenti galattici. Nel dettaglio la ricerca ha evidenziato che le concentrazioni di materia su piccole scale sono così grandi che gli effetti di lente gravitazionale che producono – ovvero la deflessione della luce particolarmente forte ad opera di oggetti molto massicci – sono dieci volte più intensi del previsto.
Grazie al lavoro in sinergia di Hubble e di Vlt gli astronomi sono stati in grado di associare le galassie a ciascun ammasso e a stimare le loro distanze. In particolare la velocità delle stelle ha fornito una stima della massa di ogni singola galassia, inclusa la quantità di materia oscura presente. I dati combinati hanno permesso agli astronomi di identificare dozzine di galassie di sfondo con immagini multiple consentendo la creazione di una mappa della distribuzione di massa della materia oscura in ciascun ammasso.
Successivamente sono state effettuate alcune simulazioni per confrontare i dati osservativi con i modelli teorici che descrivono come la materia oscura dovrebbe essere distribuita negli ammassi di galassie. I risultati mostrano una grande discrepanza rispetto al livello di concentrazione di materia sulle scale più piccole, il che suggerisce che ci sta sfuggendo qualcosa negli attuali modelli teorici sul comportamento della dark matter. Il team rietine che in futuro, se i dati verranno confermati, le simulazioni cosmologiche avanzate permetteranno di ottenere risultati sempre più precisi, consentendo un balzo in avanti nella conoscenza delle strutture dell’Universo.