Gli asteroidi sono mondi piuttosto dinamici: la conferma arriva dal comportamento di Bennu, il target di Osiris-Rex (Origins, Spectral Interpretation, Resource Identification, Security-Regolith Explorer), missione della Nasa ideata per prelevare campioni dalla superficie del corpo celeste e rientrare sulla Terra con il suo prezioso carico. La ‘vivacità’ dell’asteroide, resa evidente dall’emissione di materiale, è stata riscontrata nel corso di una serie di osservazioni che costituiscono il fulcro di una raccolta di studi, pubblicati ieri su un’edizione speciale di Journal of Geophysical Research: Planets. L’attività di ricerca è stata condotta dal team scientifico della missione, con il coordinamento del Lunar and Planetary Laboratory dell’Università dell’Arizona.
I saggi, basati sui dati raccolti grazie alla sensibilità degli strumenti di Osiris-Rex, analizzano la natura delle emissioni di Bennu, illustrano le tecniche utilizzate per studiare il fenomeno e cercano di spiegare le cause ad esso sottese. Le prime osservazioni di particelle che abbandonano la superficie dell’asteroide risalgono al gennaio del 2019 e sono state effettuate dalla fotocamera NavCam1; inizialmente, la ‘spruzzata’ di particelle sembrava un gruppo di stelle, ma dopo che è emersa la sua vera natura gli studiosi hanno avviato una campagna di osservazioni mirate, con lo strumento Tagcams. Si è trattato di una scoperta inattesa, ma ritenuta subito di grande interesse per approfondire l’identikit di Bennu e, più in generale, l’eventuale comportamento dinamico degli asteroidi.
Il gruppo di lavoro ha così osservato oltre 300 eventi in cui Bennu ha ‘perso i pezzi’ nello spazio; queste emissioni si verificano soprattutto quando il corpo celeste si trova in determinati momenti della sua giornata, ovvero il pomeriggio e la sera. Le particelle seguono percorsi diversi: alcune vagano nello spazio, altre orbitano brevemente intorno all’asteroide mentre la maggior parte ricade sulla sua superficie. I detriti sono piuttosto piccoli (i più grandi misurano circa 6 centimetri di diametro) e non costituiscono una minaccia per la sonda; si muovono ad una velocità di 20 centimetri al secondo.
I planetologi hanno cercato di dare una spiegazione a questo fenomeno e hanno formulato tre ipotesi: rilascio di vapore acqueo, impatto di meteoroidi e stress termico. Gli ultimi due processi, probabilmente, sono il motore di queste emissioni e confermerebbero le previsioni sulla natura di Bennu, basate su una serie di osservazioni da terra. Lo stress sembrerebbe avere un ruolo di primo piano, perché l’asteroide, durante il suo periodo di rotazione, è soggetto ad un’intensa escursione termica che potrebbe aver fratturato le rocce. Questa scoperta, secondo gli studiosi, potrebbe essere un punto di partenza per future missioni esplorative, destinate a caratterizzare al meglio gli asteroidi e la loro evoluzione.