Plato, il cacciatore europeo di esopianeti in partenza nel 2026, ha superato di recente uno step fondamentale.
Lo scorso 26 agosto, presso l’Istituto di astrofisica e planetologia spaziali (Iaps) di Roma, uno dei computer di bordo, Icu (Instrument Control Unit), è stato acceso per la prima volta in maniera simile a ciò che avverrà tra qualche anno nello spazio, inviando i primi ‘segnali’: pacchetti di telemetria che in questo caso contengono informazioni sullo stato di salute del computer ma che durante la missione forniranno dati scientifici a Terra.
Prima che venisse consegnato allo Iaps di Roma, Icu era già stato sottoposto a numerosi test da parte di Kayser Italia, società di Livorno incaricata dall’Agenzia spaziale italiana di realizzare l’hardware e parte del software di bordo di Plato, ma questa è stata la prima accensione effettuata in maniera ufficiale.
«Si tratta già del secondo modello di sviluppo della Icu e altri due ne sono previsti prima di arrivare alla realizzazione del modello di volo, cioè il computer che volerà davvero nello spazio», spiega Elisabetta Tommasi, responsabile per Asi del contratto con Kayser Italia e dell’accordo di collaborazione con l’Inaf per le attività di Plato. «Questi modelli di prova sono necessari per eseguire tutti i test necessari a verificare che l’unità sia in grado di sopportare le condizioni ambientali cui sarà sottoposta durante e dopo il lancio e che comunichi nel modo corretto con gli altri sottosistemi del payload e con il satellite».
Plato, terza missione di classe media del programma Esa Cosmic Vision, avrà come obiettivo fare un censimento dei pianeti di massa simile alla Terra in orbita attorno a stelle luminose, misurandone la dimensione, la massa e l’età con precisione mai raggiunta prima. Grazie ai suoi 26 piccoli telescopi, anch’essi realizzati in Italia, la missione permetterà di vedere per la prima volta i sistemi solari simili al nostro, di capire quanto questi siano frequenti e di comprendere quanto frequentemente si realizzano nel cosmo le condizioni per lo sviluppo della vita.
Plato darà un ruolo di primo piano alla scienza e alla tecnologia made in Italy, in particolare nei campi dell’ottica e dei sistemi elettronici. Il contributo italiano è finanziato dall’Agenzia spaziale italiana che fornirà anche un segmento del centro elaborazione dati curato dall’Asi Science Data Center (Ssdc); Ssdc insieme all’Università di Padova avranno il compito di coordinare la selezione dei campi stellari da osservare, per massimizzare il ritorno scientifico della missione.
Per quanto riguarda l’elettronica, l’Italia è responsabile della fornitura dell’hardware e del software di Icu. La realizzazione dell’hardware è stata affidata dall’Asi a Kayser Italia insieme a Iwf, un istituto di ricerche spaziali in Graz, ed è coordinata per conto dell’Istituto nazionale di astrofisica da un team di ricercatori del Telescopio Nazionale Galileo, con sede nelle Isole Canarie, e dell’Osservatorio Astrofisico di Arcetri. Il software, invece, è realizzato dall’Iaps, insieme a Kayer Italia e all’Università di Vienna.