Detriti spaziali. Ogni anno centinaia di satelliti vengono lanciati nello spazio aumentando il rischio di formazione di detriti che minacciano le nostre attività quotidiane. Oggi, più che in passato, grazie anche alla presenza di nuove megacostellazioni, la questione ha assunto dimensioni rilevante per le agenzie spaziali di tutto il mondo.
L’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) ha recentemente pubblicato il suo primo rapporto sul costo economico dei detriti spaziali. Utilizzando ricerche provenienti da numerose fonti, inclusi dati e analisi dello Space Debris Office dell’Esa, l’organizzazione ha delineato i pericoli che ci attendono se non affrontiamo al più presto questo problema e le azioni da intraprendere per garantire la sicurezza delle attività spaziali.
Una sola collisione, si legge nel rapporto, crea migliaia di piccoli frammenti in rapido movimento in grado di danneggiare o distruggere un satellite funzionante. Ad esempio, nel 2007, la distruzione del satellite FengYun-1C ha raddoppiato la quantità di detriti ad un’altitudine di circa 800 chilometri portando a un aumento del 30 percento della popolazione totale di detriti in quel momento. I detriti spaziali rappresentano anche un costo in più per la collettività: se un gran numero viene disperso in una data orbita, quest’ultima potrebbe non essere più utilizzata per il posizionamento di altri satelliti, rendendo complesse alcune attività dell’uomo.
Per gli operatori del settore i costi per la protezione dei satelliti dai debris rappresenta circa il 5-10 percento del costo totale della missione e per quanto riguarda le orbite basse i costi potrebbero addirittura essere maggiori. Tuttavia il prezzo da pagare nel caso non venissero intraprese misure di protezione sarebbe molto più alto e potrebbe portare alla sindrome di Kessler. In questo ipotetico caso il volume dei detriti spaziali in orbita bassa terrestre potrebbe diventare così elevato da creare continue collisioni, creando una reazione a catena con un incremento continuo del numero dei detriti stessi.
Gli impatti derivanti dalla sindrome di Kessler sarebbero molto gravi e alcune importanti applicazioni spaziali come le previsioni meteorologiche, il monitoraggio del clima e le comunicazioni potrebbero non essere più fattibili. Inoltre l’aumento dei detriti potrebbe mettere in pericolo le vite degli astronauti a bordo della Stazione Spaziale e rendere inaccessibili i servizi internet per quelle popolazioni che vivono in aree remote del pianeta e che dipendono in gran parte dalle infrastrutture spaziali.
Secondo il rapporto esistono già diverse misure globali che tendono a ridurre il pericolo rappresentato dai detriti come il deorbitamento dei satelliti in orbita bassa dopo 25 anni e l’invio dei satelliti inattivi in ‘orbite cimitero’ più alte e meno pericolose. Da quanto emerso nell’ultimo rapporto sui detriti spaziali dell’Esa, la maggior parte degli operatori di satelliti in orbita geostazionaria si conforma a queste linee guida anche se meno del 60 percento di quelli che volano in orbita terrestre bassa aderisce a queste norme e la percentuale di adesione scende al 20 percento per i satelliti posizionati oltre i 650 chilometri di altezza.
Lo scorso dicembre l’Esa ha commissionato una missione nell’ambito della pianificazione a lungo termine per ridurre la presenza di detriti chiamata ClearSpace-1. Il lancio è previsto nel 2025 e il veicolo spaziale sarà dotato di quattro braccia robotiche in grado di rimuovere i frammenti dall’orbita bassa. Il suo target principale sarà la rimozione del Vespa (Vega Secondary Payload Adapter) che orbita dal 2013 tra gli 880 e i 660 chilometri di altezza. Lo stadio ha una massa di circa 100 chili e una forma adatta al prelevamento prima di passare a obiettivi dal peso maggiore.
In conclusione la prevenzione delle collisioni è fondamentale per la riduzione dei rifiuti spaziali ma lo è ancor di più la conformità alle linee guida promosse dagli organismi internazionali e dalle agenzie spaziali, che monitorano costantemente l’evolversi della situazione per mitigare gli effetti negativi sulle nostre attività.