La vela, che ha reso possibile l’esplorazione via mare del nostro pianeta, si candida a diventare lo strumento che permetterà il viaggio nello spazio profondo. Lo afferma uno studio dell’Esa che ha messo in luce  le potenzialità delle vele di grafene in microgravità a patto che rispettino dei requisiti fondamentali come la leggerezza, lo spessore minimo, il potere riflettente e la robustezza.

L’esplorazione fisica dello spazio profondo è diventata realtà quando il Voyager-1 della Nasa – lanciata nel 1977 pochi giorni prima della gemella Voyager-2   ha lasciato il nostro Sistema Solare nel 2012, oltrepassando l’eliopausa, dopo un viaggio di 35 anni e 121 unità astronomiche dal Sole.

Due anni prima dello storico traguardo della Voyager 1 una sonda giapponese la Ikaros (Interplanetary Kite-craft Accelerated by Radiation Of the Sun) fu la prima in assoluto ad aver usato come sistema di propulsione principale una vela solare che spinse il satellite fino a Venere. In tempi più recenti e precisamente nel 2019 la Light Sail-2 della Planetary Society – progettata per navigare attorno alla Terra utilizzando unicamente la spinta della pressione di radiazione sulle vele solari di cui è dotata – ha raggiunto raggiunto l’orbita prestabilita – 729 chilometri di altezza, decretando il successo della missione.

Negli ultimi anni in molti stanno scommettendo sulla possibilità di costruire veicoli spaziali con questa tecnologia a bordo per via della loro velocità e dei costi più contenuti ripeto ai propulsori tradizionali. L’aspetto critico di questa tecnologia sta nel fatto che la pressione della radiazione luminosa conferisce un’accelerazione rilevante solo quando le vele sono sufficientemente grandi e con una massa minima ma al momento, i materiali utilizzati  per la loro produzione, sono pochi e limitano la costruzione di vele più ampie.

«Il grafene è un’ottima soluzione a questo problema – spiega Santiago Cartamil-Bueno, direttore di Scale Nanotech e leader del team GrapheneSail – proponiamo una vela con massa ridotta grazie all’utilizzo di pellicole perforate. Coprendo i fori con grafene l’intera superficie della vela è disponibile per le prestazioni ottiche, a un costo minimo. Il processo di fabbricazione è relativamente semplice e potremmo costruire anche vele molto ampie seguendo questo metodo anche se dovremo affrontare delle sfide».

I ricercatori si sono serviti della  Zarm Drop Tower di Brema per testare le vele di grafene in condizioni di microgravità. In questa facility gli esperimenti vengono posizionati all’interno di una capsula in caduta libera che garantisce un ambiente di microgravità per pochi secondi. Nel corso del test i prototipi di vela sono stati irradiati da laser da 1 watt e hanno iniziato a muoversi fino a raggiungere accelerazioni pari a 1 m / s2.

«Vogliamo portare le vele su Marte prima di SpaceX – conclude Cartamil-Bueno – ma per ora teniamo i piedi per terra. Attualmente le vele in grafene sono in fase di sviluppo presso l’ Incubator Center Hessen & Baden-Württemberg dell’Esa e siamo alla ricerca di partner strategici che potranno consentirci di sviluppare ulteriormente le nostre tecnologie e di effettuare un test nello spazio».