È uno dei più grandi misteri della fisica moderna: l’antimateria, un insieme di particelle non troppo diverse da quelle che costituiscono la materia ordinaria. Ma con carica di segno opposto. Legato all’antimateria è il cosiddetto rompicapo dell’asimmetria, ovvero la disparità tra l’universo appena nato e quello che conosciamo oggi. Si pensa infatti che subito dopo il Big Bang materia e antimateria siano state prodotte in eguale quantità, mentre oggi dell’antimateria non c’è praticamente più traccia. Che fine anno fatto dunque tutti gli antiatomi presenti nel cosmo miliardi di anni fa?
L’esperimento giapponese Tokai to Kamioka (T2K) nasce per rispondere a questa domanda. Il suo oggetto di studio principale è il neutrino, una delle particelle fondamentali dell’universo su cui però gli scienziati sanno ancora poco. I neutrini si presentano in tre “gusti”, tre varianti differenti che possono anche oscillare da una all’altra. Ad ogni tipologia di neutrino è associato un antineutrino.
Un team di ricerca guidato dall’Università di Lancaster ha utilizzato i dati dell’esperimento T2K per identificare una differenza di oscillazione tra i neutrini e gli antineutrini, che potrebbe aiutare a spiegare la prevalenza di materia sull’antimateria. Il nuovo studio, pubblicato oggi su Nature, permette di gettare uno sguardo all’origine del cosmo, quando l’asimmetria ha avuto inizio.
«I nostri dati – commenta Laura Kormos, leader dello studio – ci suggeriscono che in questo processo la natura abbia scelto il massimo livello di asimmetria possibile». Secondo Kormos e colleghi, la chiave per comprendere questa asimmetria sta proprio nell’oscillazione dei neutrini, che subito dopo il Big Bang si sarebbe immediatamente differenziata dall’oscillazione degli antineutrini.
Sarebbero dunque queste minuscole particelle le principali responsabili della violazione del principio di simmetria, dall’origine dell’universo fino a oggi.