Sono la tipologia di esopianeti più diffusa e sono caratterizzati da dimensioni simili a quelle di Giove e da temperature ‘infernali’ dovute ad orbite pericolosamente vicine al proprio astro di riferimento: sono i pianeti Gioviani caldi, che tornano alla ribalta per una scoperta riguardante uno di essi, Toi-1130 c. L’oggetto celeste, rispetto alla quasi totalità dei suoi simili, ha una peculiarità: un ‘amico’, ovvero un altro pianeta che si muove entro la sua orbita intorno alla stella ospite. La scoperta, effettuata in base ai dati della missione Tess della Nasa, è stata pubblicata su The Astrophysical Journal Letters (articolo: “Tess Spots a Hot Jupiter with an Inner Transiting Neptune”); lo studio, curato da un gruppo internazionale di astronomi coordinato dal Mit, ha visto anche la partecipazione del Dipartimento di Fisica dell’Università di Torino.
L’Hot Jupiter, che orbita in poco più di 8 giorni intorno a Toi-1130 (una stella di tipo K a 190 anni luce dalla Terra), è stato scovato dagli scienziati con il metodo della velocità radiale ed ha una massa pari a 0,974 volte quella di Giove. Il secondo pianeta, invece, è stato più impegnativo da individuare ed è stato classificato come un mini-Nettuno; ‘battezzato’ con la sigla Toi-1130 b, il corpo celeste ha 12,9 volte la massa della Terra ed effettua il suo ‘girotondo’ in soli 4 giorni. La coppia di esopianeti rende pressoché unico il sistema di Toi-1130: solo altri due astri presentano situazioni analoghe, Wasp-47 e Kepler-730. Il motivo per cui gli studiosi ritengono una rarità questi tre sistemi è dovuto al fatto che, secondo alcuni modelli relativi alle migrazioni planetarie, gli Hot Jupiter tendono a ‘cacciare’ via altri pianeti più piccoli una volta che si sono insediati in un’orbita.
Questi esopianeti – grandi e talvolta ‘prepotenti’ – presentano ancora aspetti poco conosciuti, specie per quanto riguarda il loro processo di formazione, e sistemi come Toi-1130 possono fornire utili indizi per scoprire i tasselli mancanti. Allo stato attuale, infatti, sono tre le principali teorie che riguardano le loro origini: la migrazione, la formazione in situ, e la dispersione gravitazionale (planet-planet scattering). Secondo la prima teoria, i Gioviani caldi, nel disco protoplanetario, si sarebbero formati più lontano e poi si sarebbero spostati verso le aree più interne. Per la seconda ipotesi, invece, questi pianeti avrebbero avuto origine nel luogo in cui si trovano, vicino alla loro stella. La terza teoria, infine, contempla un’interazione gravitazionale tra pianeti vicini che alla fine sono stati sospinti su nuove e differenti orbite.
Dato che la teoria della migrazione non appare applicabile per Toi-1130 e sistemi simili, gli astronomi ritengono che i meccanismi all’origine degli Hot Jupiter non siano omogenei e contano di approfondire la questione quando saranno operative missioni dotate di strumenti particolarmente sensibili, come quelli del telescopio Webb.
In alto: elaborazione artistica di un Gioviano caldo che orbita la sua stella (crediti: Nasa, Esa, e G. Bacon-STScI).