Un pezzo di storia del sistema solare, partito da 340 milioni di chilometri di distanza, sta viaggiando verso di noi. Si tratta del prezioso carico della navicella giapponese Hayabusa2, che porta con sé i primi campioni del sottosuolo di un asteroide.

È passato poco più di un anno dal primo touchdown della sonda, che ha raggiunto la superficie dell’asteroide Ryugu il 22 febbraio 2019 iniziando il campionamento. A completare la raccolta un secondo incontro ravvicinato, avvenuto l’11 luglio, e le immagini raccolte da tre piccoli rover inviati sull’asteroide e dal lander Mascot, realizzato dall’agenzia spaziale tedesca Dlr in collaborazione con quella francese Cnes.

Il ritorno di Hayabusa2 con il suo bottino è atteso per la fine del 2020. Ma ben più veloci viaggiano le immagini a infrarosso acquisite dalla sonda, e negli ultimi mesi gli scienziati hanno già potuto analizzare i primi dati sull’asteroide. Iniziando così a tracciare un identikit di Ryugu. I risultati, recentemente pubblicati su Nature, affermano che l’asteroide è formato da un materiale molto poroso – ben più di quanto si pensasse.

Già i dati di Mascot avevano mostrato che il luogo di atterraggio del lander era formato da rocce piuttosto fragili e porose. Le nuove immagini estendono ora queste caratteristiche all’intero asteroide. La sua struttura, che per la quantità di spazi vuoti ricorda quasi una spugna, potrebbe essere simile a quella dei primi protopianeti che si sono formati nella nebulosa solare primordiale. Diventando poi, collisione dopo collisione, i pianeti che oggi conosciamo. Ecco che asteroidi come Ryugu potrebbero essere la chiave per comprendere l’evoluzione planetaria, il che rende se possibile ancora più preziosi i campioni in viaggio a bordo di Hayabusa2.