Due mondi lontani, ghiacciati e ancora poco conosciuti: sono Urano e Nettuno, rispettivamente settimo e ottavo pianeta del Sistema Solare, cui non è mai stata dedicata una specifica missione esplorativa. Sino ad oggi, i due corpi celesti hanno ricevuto soltanto la visita della sonda Voyager 2 della Nasa, che nei sorvoli ha realizzato le foto con cui essi sono comunemente noti (come quella in alto). I due gelidi colossi tornano agli onori della cronaca per uno studio coordinato dall’Institute for Computational Science dell’Università di Zurigo e mirato ad esplorare le differenze tra due realtà apparentemente ‘gemelle’; il saggio è stato pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society (articolo: “Bifurcation in the history of Uranus and Neptune: the role of giant impacts”).
Le similitudini riguardano le dimensioni, la distanza dal Sole, il fatto di costituire una sorta di sottoinsieme nella ‘famiglia’ di pianeti del Sistema Solare ed eventualmente la composizione interna. Non mancano però le discrepanze, che il team dell’Università di Zurigo ha cercato di spiegare ipotizzando l’azione di giganteschi impatti in un remoto passato. Tra le differenze più eclatanti, vanno segnalate la rotazione retrograda di Urano e il fatto che questo pianeta e le sue lune siano inclinati di circa 97 gradi nel piano solare. Anche gli entourage di satelliti naturali dei due corpi celesti presentano caratteristiche diverse: le lune più grandi di Urano percorrono orbite regolari e sono appunto inclinate insieme ad esso, caratteristica che suggerisce un processo formativo derivante da un disco. Per quanto riguarda le lune di Nettuno, invece, Tritone – la maggiore tra di esse – ha un’inclinazione tale da far pensare che possa essere un oggetto celeste di altra provenienza, successivamente ‘catturato’ dal pianeta.
L’ipotesi di una formazione simile per ambedue i pianeti, secondo gli studiosi, non può giustificare le differenze. Il team della ricerca, quindi, ha effettuato una serie di simulazioni informatiche per verificare se le collisioni – fenomeno frequente durante la nascita e i primi stadi dell’evoluzione nei sistemi planetari – possano fornire una spiegazione plausibile. Gli astronomi hanno ‘modellato’ una versione di Urano e Nettuno ‘pre-impatto’ e poi hanno verificato gli effetti di un urto con un corpo celeste avente da 1 a 3 volte la massa della Terra. Nel caso di Urano, uno scontro parziale (grazing collision) può effettivamente essere all’origine dell’inclinazione del pianeta, ma non dovrebbe aver influito sulla sua struttura interna. Per Nettuno, invece, è stato ipotizzato un impatto frontale con pesanti conseguenze per il suo interno, ma senza la formazione di un disco; questo fatto spiegherebbe l’assenza di satelliti naturali di grandi dimensioni, collocati su orbite regolari. Un ‘botto’ del genere, quindi, sarebbe coerente con i flussi di calore osservati per il pianeta, originati appunto dal rimescolamento interno. Gli autori del saggio ritengono che l’indagine possa schiudere nuove prospettive di ricerca sia sulla formazione del Sistema Solare, sia sugli esopianeti di massa simile ad Urano e Nettuno.
Nell’immagine sotto, un frame della simulazione dell’Università di Zurigo (Crediti: Reinhardt & Helled, ICS, Università di Zurigo)