COLLISIONI STELLARI/L’oggetto celeste, derivante dalla fusione di due stelle, emette molecole radioattive. La scoperta, effettuata con i telescopi Alma e Noema, è stata pubblicata su Nature Astronomy

Valeria Guarnieri31 luglio 2018

E’ una fievole stella, situata a circa 2000 anni luce dalla Terra ed è circondata da un alone di materiale luminoso che si riversa nello spazio: così si presenta, oggi, Ck Vulpeculae (in breve Ck Vul), che sta facendo parlare di sé per le molecole che emette. Ma questo non è stato sempre il look di Ck Vul, che è il frutto di una spettacolare collisione: in precedenza, infatti, c’erano due stelle caratterizzate da una massa relativamente bassa che si sono fuse nel 1670, un evento che all’epoca fu visibile ad occhio nudo. Dopo 348 anni, il risultato di quello scontro cosmico non è più così facilmente distinguibile e solo lo sguardo acuto dei telescopi è in grado di osservare Ck Vul e le sue peculiarità.

La nuova stella è al centro di un recente studio, condotto da un team internazionale di astronomi e coordinato dall’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics. La ricerca è stata illustrata nell’articolo “Astronomical detection of radioactive molecule 26AlF in the remnant of an ancient explosion”, pubblicato ieri su Nature Astronomy. È stata la sinergia tra i radiotelescopi Alma e Noema a permettere agli studiosi di scoprire il tipo di materiale emesso da Ck Vul: analizzando i dati, infatti, hanno scoperto la firma spettrale di una versione radioattiva dell’alluminio (26Al) con atomi di fluorina, dalla cui unione deriva il monofluoruro di alluminio (26AlF).

Si tratta della prima molecola contenente un isotopo radioattivo instabile scoperta al di fuori del Sistema Solare. Gli isotopi di questo genere presentano energia nucleare in eccesso e decadono in forme meno radioattive e più stabili; in questo caso, l’alluminio 26 decade in magnesio 26 (26Mg). L’osservazione di questo particolare isotopo consente di lanciare uno sguardo nei processi di fusione stellare e di evoluzione galattica – da un punto di vista chimico – ed evidenzia il ruolo delle collisioni nel diffondere nello spazio i materiali provenienti dai densi strati interni delle stelle. Gli autori del paper intendono approfondire, cin future osservazioni, soprattutto quest’ultimo aspetto.