La coltre glaciale lo rende apparentemente uniforme, ma al di sotto di essa la situazione è piuttosto articolata, con profonde differenze tra la parte occidentale e quella orientale: stiamo parlando dell’Antartide, l’inospitale continente situato all’estremo sud del nostro pianeta, che si è guadagnato gli onori della cronaca per un nuovo studio dedicato alle peculiarità della sua superficie terrestre. L’indagine si basa sui dati del satellite Goce (Gravity field and Ocean Circulation Explorer) dell’Esa, la cui missione – conclusa nel 2013 – è stata dedicata alla misura del campo gravitazionale terrestre e alla determinazione del geoide. Lo studio è stato pubblicato su Journal of Geophysical Research – Solid Earth (articolo: “Modeling Satellite Gravity Gradient Data to Derive Density, Temperature, and Viscosity Structure of the Antarctic Lithosphere”) ed è stato curato da un gruppo di ricercatori delle Università di Kiel e di Delft e del British Antarctic Survey.
In questa indagine la tecnologia spaziale ha fatto la differenza, visto che ha consentito di raccogliere dati difficilmente ottenibili con ricerche sul campo sia per le condizioni inospitali dell’Antartide, sia per la sua vastità (14 milioni di chilometri quadrati). Oltre ai dati di Goce, gli studiosi hanno utilizzato dei modelli sismologici e in questo modo sono riusciti a delineare un identikit in 3D della crosta terrestre e della litosfera che si celano sotto il manto ghiacciato: le misurazioni rivelano un quadro differente tra la parte occidentale e quella orientale del continente. Ad ovest, i ricercatori hanno notato che la crosta è relativamente sottile a circa 25 chilometri, mentre il mantello è denso al di sotto dei 100 chilometri. Ad est, invece, è presente uno scudo cratonico, dove il mantello è caratterizzato da proprietà solide ad una profondità di oltre 200 chilometri; con il termine cratone, infatti, si indicano le aree più antiche e stabili della crosta continentale.
Inoltre, questa analisi ha permesso di approfondire il processo definito ‘aggiustamento glaciale-isostatico’, vale a dire il sollevamento della crosta terrestre in rapporto alla riduzione del peso del ghiaccio: in pratica, la ‘risposta’ del continente all’assottigliamento della coltre glaciale. Sono state, infatti, riscontrate ampie variazioni nella temperatura del mantello: questo fenomeno ha comportato l’innalzamento e lo sprofondamento del terreno a velocità diverse, a seconda della zona. Tenere presente questi fattori è pertanto di grande rilievo per studiare il flusso di calore geotermale antartico e la sua azione, sia sui processi di scioglimento sub-glaciale sia sulle correnti che interessano le piattaforme glaciali.
La ricerca, quindi, assume particolare importanza nella branca degli studi relativi alla tettonica, specie per quanto riguarda le connessioni tra l’Antartide e i continenti limitrofi. Infine, l’indagine – finanziata nell’ambito dei progetti ESA’s GOCE+Antarctica 3D Earth – può avere risvolti utili per monitorare il cambiamento del livello del mare in rapporto alla perdita di ghiaccio.
Il video dedicato al modello 3D