Una giornata su Giove dura esattamente 9.93 ore. Su Saturno leggermente di più, 10.7 ore. Confrontando questi numeri con le 24 ore del periodo di rotazione terrestre, potremmo pensare che i due giganti gassosi siano due trottole cosmiche. Eppure non è così: in base alle attuali teorie di formazione planetaria e alle masse dei due mondi, Giove e Saturno dovrebbero ruotare su loro stessi molto più velocemente. Un recente studio del California Institute of Technology pubblicato su The Astrophysical Journal spiega il motivo di questa apparente anomalia.
Ma facciamo un passo indietro. Secondo gli astronomi per formare un gigante gassoso, detto anche pianeta gioviano, ci sono alcuni “passaggi obbligati”. Tutto ha inizio all’interno di un disco protoplanetario, dove una sorta di instabilità gravitazionale fa sì che i metalli pesanti possano collassare gravitazionalmente e iniziare a formare un nucleo metallico. Questo nucleo acquisisce un involucro gassoso che può poi alimentare il nuovo pianeta che si sta formando. Una volta che l’inviluppo raggiunge circa le dimensioni del nucleo iniziale, il materiale intorno al pianeta cade rapidamente verso il nucleo, aggiungendo massa: ecco formato un pianeta gioviano.
Ma in questo modello di formazione planetaria c’è un problema. In teoria, infatti, il processo di accrescimento fa aumentare progressivamente lo spin del gigante gassoso, fino a raggiungere una velocità che eguaglia la velocità di fuga complessiva. Il che porterebbe alla rottura del pianeta, cosa che però nella realtà non avviene. Deve esistere dunque qualche forza in grado di rallentare la rotazione dei giganti gassosi a un certo punto del loro processo di formazione.
Lo studio del California Institute of Technology cerca di risolvere il paradosso della velocità di rotazione dei pianeti gioviani chiamando in causa i campi magnetici. I ricercatori hanno creato un modello modello semi-analitico di un pianeta gioviano di recente formazione con un forte campo magnetico, esplorando poi come questo campo potrebbe rallentarne la rotazione.
Il modello suddivide il problema in due parti: il disco circumplanetario e il pianeta stesso. Ogni parte ha equazioni che descrivono parametri chiave, come la temperatura, la densità e l’abbondanza di metalli nell’involucro circostante. Con queste premesse, i conti tornano. Il forte campo magnetico del protopianeta gioviano sembrerebbe infatti in grado di attivare una forza nel senso opposto della rotazione sia del disco circumplanetario che del pianeta stesso. In pratica il campo magnetico funge da freno, in grado di rallentare la velocità di rotazione del gigante gassoso.
Per confermare questo modello serviranno nuovi studi affiancati da dati osservativi. Ma sembra evidente che i campi magnetici abbiano un ruolo rilevante per spiegare come mai Giove e Saturno siano, nonostante tutto, due mondi lenti.