Un cosmo accelerato
L’universo in cui viviamo è in continua espansione. Questa intuizione, conosciuta da quasi un secolo come legge di Hubble, ha cambiato completamente la cosmologia moderna. Ad averla nel 1929 l’astronomo statunitense Edwin Hubble, che ha dato il nome all’omonima costante, indice dell’accelerazione del cosmo. Eppure la teoria dell’accelerazione cosmica è ancora lontana dalla sua completezza. Il grande rompicapo resta proprio la definizione del tasso di espansione del cosmo. Ancora oggi, le varie osservazioni hanno portato ad attribuire alla costante di Hubble valori molto diversi tra loro, senza trovare una risposta soddisfacente rispetto a quanto l’universo stia effettivamente accelerando.
Un nuovo modo di osservare il cosmo
Le cose sono cambiate nel 2016, con la prima conferma dell’osservazione delle onde gravitazionali. La nascita dell’astronomia multimessaggera ha suggerito agli astronomi la possibilità di utilizzare un nuovo “metro” per misurare l’espansione cosmica. In particolare, l’osservazione di onde gravitazionali sprigionate da una collisione di stelle di neutroni ha offerto uno strumento prima impensabile per calcolare la costante di Hubble. La collisione tra i due oggetti ha infatti generato un lampo di luce potenzialmente capace di dare una stima della velocità del sistema rispetto a noi – risalendo così al tasso di espansione dell’universo.
La nuova ricerca
Adesso un nuovo studio, pubblicato su Nature Astronomy, ha dimostrato che le onde gravitazionali possono essere ancora più efficaci per la misurazione dell’espansione cosmica se combinate con osservazioni radio. Gli astronomi hanno utilizzato in particolare il Very Long Baseline Array (Vlba), il Karl G. Jansky Very Large Array (Vla) e il Robert C. Byrd Green Bank Telescope (Gbt) per studiare le onde gravitazionali prodotte dalla collisione di due stelle di neutroni, rilevate nel 2017.
Il “metro” dell’espansione cosmica
“La fusione di stelle di neutroni – commenta Kunal Mooley del National Radio Astronomy Observatory – ci fornisce un nuovo modo per misurare la costante di Hubble e, se tutto va bene, di risolvere il problema.” La tecnica utilizzata da Mooley e colleghi è simile a quella già impiegata per le esplosioni di supernova. Misurare la luminosità vista dalla Terra aiuta a calcolare la distanza dell’esplosione, risalendo così alla velocità con cui la galassia ospite della supernova si sta allontanando dal nostro pianeta. In altri termini, al tasso di espansione dell’universo.
Verso la soluzione del rompicapo
Quando due stelle di neutroni massicce collidono, producono un’esplosione che determina l’emissione di onde gravitazionali. In questo caso, gli scienziati possono misurare la “luminosità” del fenomeno, intesa come intensità delle onde gravitazionali. Ed è qui che intervengono le osservazioni radio. I getti di materiale espulsi dopo lo scontro tra le stelle di neutroni sono fondamentali per determinare l’orientamento del piano orbitale delle stelle prima dell’esplosione. I radiotelescopi permettono proprio di analizzare queste emissioni, calcolando così in modo più preciso l’intensità delle onde gravitazionali emesse in direzione della Terra. “Si tratta di un metodo di misura completamente indipendente – conclude Mooley – che potrebbe permetterci finalmente di chiarire quale sia il vero valore della costante di Hubble.”