Fermi tira le somme dopo dieci di lavoro e la fa con un catalogo che testimonia i risultati raggiunti da questa missione, caratterizzata da un significativo contributo italiano. Proprio ieri, infatti, è stato pubblicato su The Astrophysical Journal il registro dei 186 lampi gamma più energetici osservati dal telescopio satellitare (a questo link la mappa). Questi lampi gamma, anche noti come Gamma Ray Burst (GRB), sono stati rivelati dal Large Area Telescope (LAT), strumento di Fermi progettato e realizzato con l’impegno del nostro Paese, grazie all’Agenzia Spaziale Italiana, all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e all’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF). “Ogni Gamma Ray Burst è in qualche modo unico. È solo quando siamo in grado di studiarne tanti, come abbiamo fatto in questo catalogo, che iniziamo a comprenderne le caratteristiche comuni,” racconta Elisabetta Bissaldi, ricercatrice dell’INFN e del Politecnico di Bari. “Il primo catalogo LAT, pubblicato nel 2013, comprendeva solo 35 GRB. Grazie a un netto miglioramento delle tecniche di analisi dati, abbiamo identificato un numero di GRB cinque volte maggiore in questo nuovo catalogo, imparando così a conoscere meglio i meccanismi fisici all’opera. Ad esempio, abbiamo confermato che l’emissione di raggi gamma ad alta energia dura più a lungo rispetto all’emissione a bassa energia e che la succede,” conclude Bissaldi.
Il catalogo che fornisce nuove indicazioni su origine ed evoluzione dei lampi gamma è il frutto del lavoro di 120 scienziate e scienziati della collaborazione Fermi coordinati da Bissaldi, da Magnus Axelsson dell’Università di Stoccolma e dagli italiani Nicola Omodei e Giacomo Vianello dell’Università di Stanford. La maggior parte dei lampi gamma nasce quando alcuni tipi di stelle massive esauriscono il proprio combustibile e collassano generando buchi neri. Altri invece hanno origine dalla collisione di due stelle di neutroni, oggetti densissimi residuo di esplosioni stellari. Sia il collasso di una stella sia la collisione di due stelle di neutroni danno, infatti, origine a jet relativistici di particelle che si muovono a una velocità prossima a quella della luce. Quando le particelle all’interno dei jet si scontrano tra di loro o interagiscono con l’ambiente intorno alle stelle, nascono i raggi gamma che sono poi rivelati da Fermi grazie ai suoi strumenti principali: il LAT e il GBM. Il Large Area Telescope, LAT, registra raggi gamma con energie tra 20 MeV e 300 GeV (milioni di volte più energetici della luce visibile) e lavora a stretto contatto con il GBM, il Glast Burst Monitor, che osserva, invece, raggi gamma meno energetici (tra gli 8 keV e i 40 MeV) provenienti dall’intero cielo.
“Con il suo grande campo di vista, unito alla capacità di localizzazione dei singoli fotoni gamma, il LAT è uno strumento ottimaleper la rivelazione e lo studio dei lampi gamma. Negli ultimi anni, abbiamo ottimizzato i criteri per rivelare fotoni di bassa energia che sono prodotti in gran numero nel corso dei lampi gamma, e quindi il numero dei lampi visti dal LAT è aumentato. Grazie ai lampi descritti nel catalogo, si è aperto un nuovo spazio di scoperta per questi eventi estremi che adesso cominciano a essere rivelati anche a energia altissima dai telescopi Cherenkov,” racconta Patrizia Caraveo, responsabile INAF per Fermi-LAT. Tra i GRB presentati in questo catalogo si trovano anche GRB 081102B, GRB 160623A, GRB 130427A e GRB 080916C, che sono rispettivamente i lampi gamma più breve, più lungo, più energetico e più lontano mai osservati dal LAT di Fermi.