Hanno dimensioni comprese tra quelle della Terra e di Nettuno, dovrebbero essere ricchi di acqua e rappresentano ancora un rebus per gli studiosi: gli enigmatici protagonisti di uno studio pubblicato di recente sulla rivista Pnas (Proceedings of the National Academy of Sciences) sono dei particolari esopianeti, classificati come sub-nettuniani. La ricerca, illustrata nell’articolo “Growth model interpretation of planet size distribution”, è stata condotta da un gruppo di lavoro internazionale, coordinato dall’Università di Harvard; all’indagine hanno preso parte anche rappresentanti dell’Istituto Nazionale di Astrofisica–Osservatorio di Torino. Sono migliaia gli esopianeti di cui negli ultimi 20 anni è stata confermata l’esistenza: basti pensare che la missione Kepler della Nasa ne ha individuati ben 2702, più una folta schiera di corpi celesti ‘candidati’ a questo status e in attesa di conferma.
In questo vasto insieme sono presenti molti pianeti con proprietà diverse rispetto ai loro ‘colleghi’ del Sistema Solare: ad esempio, vi sono le super-Terre, caratterizzate da un diametro che può misurare il doppio di quello terrestre, e i sub-nettuniani, le cui dimensioni sono da due a quattro volte quelle della Terra. Questa seconda famiglia di esopianeti è ancora piuttosto sfuggente: non si conosce la loro composizione e non è chiaro come si siano formati. Precedenti studi hanno avanzato due teorie sulla loro struttura: la prima ipotizza che siano pianeti nani gassosi con un nucleo roccioso, avvolti da una coltre di idrogeno ed elio, mentre per la seconda si tratterebbe di mondi oceanici, costituiti da rocce, gas e soprattutto acqua liquida e ghiacciata. Il gruppo di lavoro, per cercare di tracciare un identikit della composizione dei sub-nettuniani, ha realizzato delle simulazioni informatiche, delineando gli scenari che potrebbero essere coerenti con i valori della massa e del diametro individuati per questi esopianeti.
Partendo da questi due parametri, i planetologi hanno stimato la densità dei sub-nettuniani e con i modelli informatici hanno elaborato loro composizione. Il risultato delle simulazioni evidenzia che questi oggetti celesti sono più probabilmente dei mondi acquatici che dei pianeti nani gassosi; addirittura ognuno di essi, in base alla massa, potrebbe presentare un quantitativo di acqua liquida o congelata che oscilla da un minimo del 25% fino al 50% e più. Secondo gli autori dell’articolo, nelle liste dei pianeti confermati e candidati dalla missione Kepler è presente un migliaio di mondi oceanici; in termini statistici, questi corpi celesti potrebbero essere più diffusi rispetto a quelli rocciosi come la Terra e magari ogni stella come il Sole potrebbe avere nel suo sistema uno o più di questi mondi acquatici. Non è ancora chiaro come mai nel Sistema Solare non siano presenti pianeti di tipo sub-nettuniano e perché nei sistemi individuati da Kepler i pianeti si trovino ad orbitare particolarmente vicino alla loro stella, molto di più di quanto avvenga nel nostro sistema planetario. Gli studiosi hanno pensato che la struttura del Sistema Solare sia meno comune rispetto ad altre realtà; in ogni caso, l’approfondimento di queste singolarità è di fondamentale importanza per chiarire i meccanismi sottesi alla formazione dei sistemi planetari.