Non risparmia neanche lo spazio e quando prende dimora nel nostro sistema planetario le sue particelle tendono a formare anelli che subiscono l’influenza gravitazionale dei pianeti: è la ‘versione cosmica’ della polvere, costituita da frammenti databili a 4,6 miliardi di anni fa (formazione del Sistema Solare), da detriti derivanti da collisioni fra asteroidi e da corpuscoli provenienti dalle comete. Sono due gli studi recenti che hanno avuto come focus questo elemento, solo apparentemente dimesso: i planetologi, infatti, ritengono le polveri una significativa fonte di informazioni per comprendere al meglio i meccanismi sottesi alla nascita dei pianeti. Il primo studio, pubblicato su The Astrophysical Journal (articolo: “Evidence for a Circumsolar Dust Ring Near Mercury’s Orbit”), è relativo alla scoperta di un anello di polveri intorno al Sole, presso l’orbita di Mercurio, ed è stato curato da ricercatori specializzati nel settore dell’eliofisica e appartenenti al Naval Research Laboratory di Washington e all’Università del Colorado. Il secondo, invece, uscito ieri su The Astrophysical Journal Letters (articolo: “Co-orbital Asteroids as the Source of Venus’s Zodiacal Dust Ring”), formula un’ipotesi sull’origine dell’anello di polveri scoperto nel 2007 intorno a Venere ed è frutto delle ricerche di due astrofisici del Goddard Space Flight Center della Nasa.

Gli autori del primo studio hanno effettuato la scoperta per caso, mentre erano impegnati a cercare l’evidenza di un’area priva di polveri vicino al Sole, il cui calore, secondo una vecchia teoria, avrebbe dovuto fare piazza pulita di qualsiasi cosa; la ricerca si è basata su modelli informatici, costruiti tenendo presente i dati della missione solare Stereo (Solar and Terrestrial Relations Observatory) della Nasa. Mentre erano concentrati a rifinire ulteriormente i parametri del loro modello, gli scienziati si sono resi conto che c’era un qualcosa situato tutto intorno al Sole: un anello di polveri presso l’orbita di Mercurio. Il motivo per cui questa struttura è rimasta ignota sino ad ora, secondo gli scopritori, va individuato soprattutto nella scarsa considerazione per l’eventualità di una situazione del genere: Mercurio, infatti, è sempre stato ritenuto troppo piccolo, troppo vicino al Sole e particolarmente soggetto all’influenza del vento solare e delle forze magnetiche per poter avere un anello.

Non è la prima volta che il Sistema Solare interno riserva sorprese di questo genere. Risale a venticinque anni fa, ad esempio, la scoperta che anche la Terra ha un anello di polveri, i cui corpuscoli provengono in massima parte dalla fascia degli asteroidi situata tra Marte e Giove. Granelli che fanno il ‘girotondo’ sono stati scoperti pure intorno a Venere nel 2007 con i dati d’archivio delle sonde Helios (progetto Nasa-ex Germania Ovest degli anni ’70), poi confermati da quelli più recenti ed accurati della missione Stereo. È proprio questo anello il focus del secondo studio, mirato a scoprirne le origini visto che da indagini condotte le polveri avrebbero una fonte diversa rispetto a quelle che accompagnano la Terra. Gli astrofisici del Goddard hanno condotto una serie di simulazioni in laboratorio, tenendo presente che l’anello di Venere è più vasto rispetto a quello di Mercurio perché segue un’orbita più ampia, è maggiormente denso e che i suoi granelli più grandi hanno una misura simile a quelli della carta vetrata. Nel realizzare i modelli informatici gli studiosi hanno provato vari tipi di sorgenti, dalla fascia degli asteroidi fino alle comete della Nube di Oort, e alla fine hanno ipotizzato che le particelle potrebbero provenire da un gruppo di asteroidi che ruotano intorno al Sole, ma condividono l’orbita con Venere. La simulazione che ha verificato questa possibilità è l’unica che ha fornito un quadro realistico per l’anello di Venere. Gli autori dell’articolo hanno poi ulteriormente rifinito i modelli e adesso il prossimo step della ricerca riguarda la conferma dell’esistenza di questi elusivi corpi celesti tramite Hubble e altri telescopi spaziali.