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Ha vissuto un’infanzia caotica e oggi i suoi due pianeti mostrano un’architettura orbitale sorprendentemente inclinata. È Toi-421, protagonista di un nuovo studio pubblicato su Astronomy & Astrophysics. Si tratta del primo sistema analizzato nell’ambito del progetto Atreides, una collaborazione internazionale guidata dall’Università di Ginevra che mira a svelare i meccanismi fisici alla base della formazione e dell’evoluzione dei sistemi planetari. Al centro di questa ricerca ci sono gli eso-Nettuno, pianeti al di fuori del nostro Sistema Solare circa 20 volte più massicci della Terra e simili per dimensioni a Nettuno.
Una caratteristica curiosa di questi mondi è la loro distribuzione: raramente si trovano vicino alle loro stelle. La regione più interna, infatti, è conosciuta come ‘deserto nettuniano’, perché lì quasi non esistono pianeti delle dimensioni di Nettuno: troppo piccoli per resistere all’intensa radiazione stellare e troppo grandi per sopravvivere senza perdere la loro atmosfera. Più lontano c’è una zona intermedia più temperata e ribattezzata ‘savana’ dove la presenza di questi pianeti è più comune. Ancora oltre si trova la ‘cresta nettuniana’ una fascia in cui gli eso-Nettuno risultano addirittura più numerosi che nelle altre due aree.

Per esplorare questo paesaggio cosmico, gli scienziati di Atreides si avvalgono del Very Large Telescope dell’Eso, in Cile, e dello spettrografo Espresso, il più preciso al mondo nell’analisi della luce stellare. Il primo obiettivo di questa campagna, dicevamo, è stato il sistema Toi-421, che ospita due pianeti molto diversi: Toi-421 c, un ‘Nettuno caldo’ situato nella regione della savana e Toi-421 b, più piccolo e molto vicino alla stella madre. Le osservazioni hanno rivelato che le loro orbite sono fortemente disallineate rispetto al piano equatoriale della stella. Un risultato sorprendente, soprattutto se paragonato al nostro Sistema Solare, dove i pianeti seguono traiettorie quasi perfettamente allineate con il piano equatoriale del Sole.

La causa più probabile, suggerisce lo studio, è la migrazione planetaria. I pianeti, cioè, non rimangono sempre dove si sono formati, ma migrano: alcuni si spostano lentamente e in modo ordinato attraverso il disco di gas che li ha generati, conservando orbite regolari; atri, invece, vengono spinti successivamente in maniera caotica, in un processo chiamato migrazione ad alta eccentricità, che porta a orbite storte e disallineate. L’analisi di Toi-421, che sembra appartenere proprio a questa seconda categoria, rappresenta solo un primo passo. Per capire a fondo come si formano ed evolvono i sistemi planetari – e i meccanismi che hanno plasmato il deserto, la savana e la cresta nettuniana – sarà necessario studiare e confrontare centinaia di altri pianeti eso-nettuniani con lo stesso livello di dettaglio.

 

In apertura: illustrazione artistica di come potrebbe apparire l’eso-Nettuno Toi-421 b. Crediti: Nasa, Esa, Csa, Dani Player (STScI).