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Sono le prime immagini dei poli del Sole fotografate con una prospettiva assolutamente inedita quelle scattate a marzo da Solar Orbiter. La missione dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa) ha realizzato queste storiche osservazioni grazie all’inclinazione della propria orbita rispetto all’equatore solare, ottenuta con il passaggio ravvicinato a Venere dello scorso febbraio.
Solar Orbiter è diventata così la prima missione a osservare il Sole con un punto di vista non equatoriale, uscendo cioè al di fuori del piano dell’eclittica: questo è il piano su cui la Terra e gli altri pianeti ruotano attorno alla nostra stella. La missione Esa sta svelando così lo spettacolo dei poli del Sole come non mai, regioni a noi finora quasi completamente sconosciute.
«Solar Orbiter è appena entrato in una fase nuova – afferma Marco Stangalini, ricercatore Asi e Project Scientist dello strumento Metis di Solar Orbiter – una fase in cui lo spacecraft comincia ad inclinare la sua orbita rispetto al piano dell’eclittica, che è il piano orbitale della Terra e dei pianeti, e quindi questo ci permette di cominciare a vedere il Sole da una prospettiva completamente nuova e quindi, per la prima volta, osserviamo i poli che non erano accessibili dalla prospettiva della Terra, del piano orbitale della Terra.
Solar Orbiter ha inclinato il proprio piano orbitale rispetto all’eclittica, arrivando a circa 17 gradi di inclinazione per il momento. Con il passare del tempo e con ulteriori manovre di gravity assist con Venere, quest’orbita si inclinerà maggiormente fino ad arrivare a un’inclinazione di circa 33 gradi nel 2029».
Mai assunta da altre missioni spaziali o telescopi terrestri, questa nuova prospettiva permetterà alla sonda Esa di avere uno sguardo privilegiato sui poli solari, alla ricerca di informazioni fondamentali sui processi misteriosi che regolano le attività del Sole, dal funzionamento del campo magnetico fino al susseguirsi dei cicli solari undecennali.
«Il Sole ha delle ciclicità nella propria attività: quella più famosa è quella che ha un periodo di circa 11 anni. – afferma Stangalini di Asi – Questa periodicità è governata da un motore all’interno del Sole, un motore che chiamiamo dinamo: un motore magnetico che governa questa attività. Ora queste ciclicità, i meccanismi di funzionamento di questo motore interno al sole non sono ben noti, non sono ben compresi, ma quello che sappiamo è che molte informazioni utili alla comprensione di questi meccanismi fisici possono derivare dall’osservazione proprio dei poli».
Con a bordo 10 strumenti complessivi, tra quelli in situ e quelli di remote sensing, nelle osservazioni di marzo Solar Orbiter ha attivato solo questi ultimi, in grado di osservare a distanza gli strati dell’atmosfera del Sole a diverse quote, dalla fotosfera fino alla corona solare, lo strato più esterno.
«La radiazione proveniente da diversi strati dell’atmosfera del Sole ha, diciamo così, frequenze diverse. – afferma Stangalini di Asi – Questi strumenti che sono a bordo di Solar Orbiter operano innanzitutto a lunghezze d’onda diverse, quindi questo ci permette, se usati in modo combinato, di avere una mappatura tomografica dell’atmosfera. A questo poi aggiungiamo il fatto che lo spettro polarimetric image Phi, che è uno degli strumenti appunto di cui sono stati rilasciati i primissimi dati dei poli, ha in aggiunta la possibilità di osservare anche in luce polarizzata e osservare in luce polarizzata Nel sole significa osservare indirettamente i campi magnetici, perché il campo magnetico induce una polarizzazione nella luce che emerge dagli strati fotosferici.
Tra gli strumenti di remote sensing è stata attivata la fotocamera polarimetrica ed eliosismica Phi, sensibile alla luce visibile e in grado di mappare il campo magnetico superficiale del Sole. I suoi scatti hanno svelato la doppia polarità dei campi magnetici al polo sud del Sole, fenomeno temporaneo che accade durante il picco di attività di ogni ciclo solare, quando il campo magnetico del Sole si capovolge.
«Nelle prime immagini rilasciate dei poli vediamo questi campi magnetici diffusi di polarità sia positiva che negativa che sono appunto distribuiti e diffusi nella nelle regioni polari. – afferma Stangalini di Asi – L’importanza di osservare i poli sta nella possibilità eventuale di identificare meccanismi peculiari della dinamica di questi campi magnetici da cui potenzialmente possiamo trarre informazioni utili a comprendere i cicli di attività del Sole sul lungo termine».
Grazie alla fotocamera spettrale dell’ambiente coronale Spice, in queste osservazioni Solar Orbiter ha inoltre misurato per la prima volta la velocità con cui il plasma si muove all’interno di uno specifico strato del Sole. Un risultato in linea con uno degli obiettivi della missione: scoprire l’origine del vento solare, ossia il flusso di particelle cariche espulse dal Sole che alimenta l’eliosfera e produce gli eventi di space weather che investono anche la Terra.
«Sarà possibile ricavare le abbondanze chimiche nell’atmosfera del sole che possono essere utilizzate anche come tracciante del vento solare stesso. – afferma Stangalini di Asi – Quindi questa informazione sarà molto utile a rintracciare nell’atmosfera del sole le sorgenti del vento solare e nel caso dei poli capire se i meccanismi di accelerazione del vento solare possono essere diversi rispetto ai meccanismi di accelerazione che sono attesi in altre regioni del Sole, quindi non polari.
In prospettiva sarà anche possibile identificare le sorgenti di quello che è all’origine del vento solare misurato lì dove sta transitando lo Spacecraft e se i meccanismi di accelerazione di questo vento solare ai poli possono essere diversi da quelli che invece conosciamo nelle regioni più equatoriali.
Questa informazione è utilissima anche per comprendere tutti quei meccanismi che sono alla base di questi processi fisici e che governano poi le condizioni fisiche su tempi scala più lunghe di anni o più e governano le condizioni dell’eliosfera, quindi con potenziali impatti anche sul clima terrestre e su tutto quello che ne consegue».
Durante questa nuova fase esplorativa di Solar Orbiter sarà protagonista anche l’Italia grazie allo strumento Metis, coronografo realizzato da Inaf e finanziato dall’Agenzia Spaziale Italiana in grado di osservare le regioni più esterne della corona fino a diversi raggi solari oscurando artificialmente il disco solare.
«Questo ci permette di osservare la zona più tenue e più a bassa intensità che è costituita appunto dalle regioni più esterne della corona solare, dove avvengono i meccanismi di accelerazione del vento solare e di tutte quelle che sono le perturbazioni che poi, viaggiando nello spazio interplanetario, potenzialmente possono dare fenomeni di space weather come quelli che abbiamo vissuto negli ultimi mesi e ultimi mesi che sono stati appunto caratterizzati da un’intensa attività solare. Ecco lo strumento italiano avrà la possibilità di osservare per la prima volta la propagazione di questi eventi che sono eventi di rilascio impulsivo dell’energia da parte dell’atmosfera solare osservati da una prospettiva nuova, diciamo così dall’alto. in modo tale da regalarci, diciamo, una visione del tutto nuova della propagazione di questi eventi nello spazio interplanetario e capire sempre meglio il potenziale impatto che questi fenomeni possono avere in termini di space weather anche sulla Terra», conclude Stangalini di Asi.
Il primo set di dati completo da polo a polo di Solar Orbiter verrà scaricato entro ottobre 2025; intanto la sonda Esa con il suo nuovo sguardo ha aperto la strada alle future missioni polari che saranno destinate allo studio dettagliato di queste regioni per comprendere meglio i misteri del Sole.