E’ situata a sud della Cintura di Orione nell’omonima costellazione, ad una distanza di circa 1350 anni luce dalla Terra, è stata classificata con i nomi in codice di Ngc 1976 e Messier 42 ma è nota con il nome, ben più accessibile, di Nebulosa di Orione (Orion Nebula). La spettacolare nebulosa è la protagonista di una nuova immagine realizzata con le osservazioni effettuate telescopio Vst (Vlt Survey Telescope) dell’Eso ed è al centro di uno studio dedicato alle peculiarità delle stelle che la popolano. La ricerca, illustrata nell’articolo “A Tale of Three Cities: OmegaCAM discovers multiple sequences in the color magnitude diagram of the Orion Nebula Cluster”, sarà pubblicata su Astronomy & Astrophysics (preprint disponibile sulla piattaforma arXiv.org a questo link).
Lo studio, coordinato dall’Eso, è stato svolto da un team internazionale di ricercatori di svariate istituzioni, tra cui anche l’Inaf-Osservatorio di Arcetri e l’Esa. L’immagine in cui la Nebulosa di Orione si mostra in tutta la sua leggiadria è stata realizzata dalla OmegaCam, la camera ottica a grande campo (wide-field) installata sul telescopio Vst. L’alta risoluzione dei dati ottenuti ha consentito agli studiosi di effettuare una serie di misurazioni sulla luminosità e i colori delle stelle del cluster che si trova nella zona centrale della nebulosa ed ospita una ‘nursery’ stellare. Grazie a queste misure, gli astronomi hanno potuto calcolare la massa e le età degli astri e hanno constatato che essi presentano tre differenti sequenze di età, come se appartenessero a tre distinte generazioni.
In un primo momento, il gruppo di lavoro ha pensato di avere a che fare con sistemi binari di stelle e che le differenze evidenziate fossero dovute alla presenza di ‘compagne’ nascoste. Tuttavia, ulteriori approfondimenti, relativi agli spettri e alle diverse velocità di rotazione (gli astri più giovani ruotano più velocemente), hanno convinto gli astronomi a sposare l’ipotesi che queste popolazioni di stelle si siano effettivamente formate in tempi differenti. Secondo gli autori dello studio, quindi, le conoscenze relative ai processi di formazione stellare all’interno degli ammassi vanno riviste dato che è emerso che, per il cluster della Nebulosa di Orione, essi avvengono per impulsi successivi e più velocemente di quanto ritenuto in precedenza.