Il mistero della materia oscura potrebbe avere le ore contate. Un recente studio, sviluppato grazie a dati provenienti dai telescopi Chandra, XMM-Newton e Hitomi, offre spunti per una nuova interpretazione dell’emissione a raggi x dell’ammasso di Perseo. I risultati potrebbero rappresentare un importante passo avanti per comprendere la natura della componente di materia che domina l’Universo. «Ci aspettiamo che il nostro lavoro possa essere o un enorme successo o un totale disastro», dice Joseph Conlon, ricercatore dell’Università di Oxford e primo autore dell’articolo. «Non penso ci sia spazio per una via di mezzo quando si cerca la risposta a una delle domande più importanti della scienza».

Questa ricerca ha avuto inizio nel 2014, quando un team guidato da Esra Bulbul dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics ha osservato un picco di intensità nell’emissione alle alte energie dell’ammasso di Perseo. Spiegare la presenza di questo picco (che si trova a circa 3.500 elettronvolt, eV) con la fisica degli oggetti astronomici composti da materia ordinaria non è facile, quindi è stato proposto che fosse prodotto dalla materia oscura. A distanza di pochi giorni, un gruppo di ricerca guidato da Alexey Boyarsky dell’Università di Leiden ha presentato un lavoro in cui riportava la presenza di una riga di emissione a 3.500 eV da parte della galassia di Andromeda. Questi risultati sono stati a lungo dibattuti, poiché ricerche indipendenti confermavano e sconfessavano la presenza di questa riga di emissione.

La questione sembrava essersi risolta nel 2016, quando il telescopio giapponese Hitomi, che era stato progettato allo scopo di condurre studi degli spettri a raggi x delle sorgenti cosmiche, non è riuscito a osservare la riga a 3.500 eV dall’ammasso di Perseo. Ma in realtà Conlon e i suoi colleghi hanno scoperto che le immagini raccolte da Hitomi sovrapponevano i raggi x provenienti dalla nube di gas circonda la galassia centrale dell’ammasso e quelli emessi nei pressi del buco nero supermassiccio della stessa galassia. Sfruttando i dati raccolti nel 2009 dal telescopio spaziale Chandra, che ha capacità di messa a fuoco molto maggiori rispetto a Hitomi, i ricercatori sono riusciti a isolare i contributi delle diverse regioni. Quello che hanno trovato è che, nei pressi del buco nero, attorno a 3.500 eV era presente un avvallamento anziché un picco dell’emissione, suggerendo che in quella zona ci sia qualcosa che assorbe i raggi x con quell’energia. Mettendo insieme questa riga di assorbimento e quella di emissione, proveniente invece dal gas caldo e osservata da Chandra e XMM-Newton, i ricercatori hanno ottenuto uno spettro privo di righe, come emergeva dalle osservazioni di Hitomi.

Per spiegare questo comportamento gli scienziati hanno proposto che, un po’ come accade quando la luce di una stella viene assorbita o riemessa da una nube di gas con il passaggio di elettroni da un orbitale all’altro, quello che si sta osservando sia il comportamento di particelle di materia oscura, che compiono un “salto” a 3.500 eV. Questo renderebbe possibile l’osservazione di un assorbimento nei pressi del buco nero al centro della galassia e un’emissione da parte del gas presente nell’ammasso. Per confermare questa ipotesi saranno necessari nuovi dati, che possano escludere errori strumentali o altri effetti in grado di falsare la presenza di una riga di assorbimento.