Circa un miliardo di anni fa, una pepita di ferro bollente ha iniziato a cristallizzarsi nel cuore del nostro pianeta, trasformandosi a poco a poco in una palla di metallo liquido ampia oltre 6mila chilometri. Questa, in sintesi, la teoria comunemente accettata dagli scienziati sull’origine del nucleo terrestre. Ma ora un nuovo studio, pubblicato su Earth and Planetary Science Letters, ne attacca le fondamenta: la spiegazione su cui tutti concordano sarebbe impossibile, o quanto meno controversa.
La ricerca, coordinata dalla Case Western Reserve University, ricostruisce prima di tutto quello che chiama il ‘paradosso della nucleazione’. Mentre è risaputo che un materiale, per diventare solido, debba raggiungere o scendere sotto la sua temperatura di congelamento, ‘costruire’ il primo cristallo a partire da un liquido richiede energia extra. Questa energia aggiuntiva, chiamata dagli autori ‘barriera di nucleazione’, sarebbe proprio l’ingrediente di cui gli attuali modelli sul centro della terra non hanno mai tenuto conto. “Sembra che tutti, noi inclusi, abbiamo perso di vista un grande problema – dice Steven Hauck, leader dello studio – ovvero che i metalli non iniziano a cristallizzarsi istantaneamente, a meno che non ci sia qualcosa in grado di abbassare di parecchio la barriera energetica.”
Quindi, secondo i ricercatori, i casi sono due: o questo ‘qualcosa’ esiste, e non è ancora stato individuato, oppure il nucleo della Terra non è come ci immaginiamo. Al momento, il team della Case Western Reserve si sta orientando sulla prima opzione, e in particolare sta considerando l’ipotesi secondo cui il mantello roccioso della terra potrebbe aver contenuto gli elementi responsabili di questo ‘salto’ oltre la barriera di nucleazione. Seguiranno dunque nuovi studi, ma per ora ciò che più preme ai ricercatori è convincere la comunità scientifica di questo possibile errore collettivo, in modo da ricostruire la vera storia del cuore terrestre.