Ha raggiunto il suo obiettivo da poco più di una settimana e le scoperte non si sono fatte attendere. Stiamo parlando di Osiris Rex che ha rivelato la presenza di acqua intrappolata all’interno delle argille sull’asteroide Bennu. I dati raccolti dai due spettrometri a bordo della sonda, Ovirs e Otes hanno evidenziato la presenza di molecole che contengono ossidi di ossigeno e di idrogeno, noti con il nome di idrossili. Il team di Osiris Rex ritiene che questi gruppi idrossilici si possano trovare nei minerali argillosi che contengono acqua, diffusi su tutto l’asteroide. Bennu è troppo piccolo per poter ospitare acqua allo stato liquido ma la scoperta indica che l’acqua è stata presente, per un certo periodo di tempo, sul suo corpo progenitore, un asteroide molto più grande.

«La presenza di minerali idrati conferma che Bennu, un residuo della formazione del Sistema Solare, è un eccellente candidato per lo studio dei composti organici primitivi – commenta Amy Simon del tema di Ovirs – quando riceveremo i campioni nel 2023 avremo nuove informazioni sull’evoluzione del nostro Sistema Solare». Inoltre i dati della camera di Osiris Rex, Ocams, confermano le osservazioni realizzate dai telescopi terrestri nel 2013. Il modello costruito grazie a quelle immagini, è stato utilizzato per ipotizzare il tasso di rotazione, l’inclinazione e la forma complessiva di Bennu, che coincidono con quelli rilevati dal vivo dalla sonda. Ora Osiris Rex si sta dedicando una ricognizione preliminare di Bennu, sorvolando i poli nord e sud da una distanza di circa 7 chilometri. Questi fly-by ravvicinati sono essenziali per conoscere la massa dell’asteroide dato che essa influisce sull’attrazione gravitazionale esercitata da Bennu sulla sonda.

Il primo inserimento in orbita è previsto per il 31 dicembre e durerà fino a metà febbraio: durante questa fase Osiris Rex sorvolerà Bennu da una distanza di 1,2 chilometri. Bisognerà attendere fino a all’estate del 2020 per la raccolta del campione di materiale della superficie, obiettivo primario della missione, parte del programma New Frontiers della Nasa. Osiris Rex si servirà del braccio robotico Tagsam per il prelievo del campione per poi dirigersi nuovamente verso la Terra, dove rilascerà, nel 2023, una capsula contente il materiale recuperato che verrà analizzato con lo scopo di acquisire maggiori informazioni sugli albori del Sistema Solare. L’Italia ha un importante ruolo nel progetto tramite l’Istituto Nazionale di Astrofisica: tra i ricercatori del team figurano infatti numerosi italiani, tra cui Maurizio Pajola dell’Osservatorio di Padova, Elisabetta Dotto dell’Osservatorio di Roma e John Robert Brucato dell’Osservatorio di Arcetri.