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La lava lunare si è raffreddata molto più tardi di quanto si pensasse: a sostenerlo è un nuovo studio condotto da un gruppo di ricerca dell’Università della Florida e pubblicato sulla rivista Science Advances. A cambiare ciò che sappiamo sul ‘cuore caldo’ della Luna sono i dati ricavati dall’analisi di campioni di rocce vulcaniche raccolti sul lato nascosto del nostro satellite dalla missione cinese Chang’e 5 (CE5).

Nel dicembre 2020, CE5 ha riportato sulla Terra circa due chili di rocce e regolite lunare. Le prime analisi hanno mostrato che il basalto — una roccia ignea che si forma quando la lava si raffredda rapidamente — raccolto nel sito di atterraggio nell’Oceanus Procellarum settentrionale, a nord-est del complesso vulcanico Mons Rümker e a nord-ovest del cratere Mairan, si è formato circa due miliardi di anni fa. La giovane età di questi campioni è particolarmente preziosa perché aiuta a perfezionare i modelli di datazione delle superfici planetarie basati sul conteggio dei crateri e a ricostruire l’evoluzione termica della Luna nel lungo periodo. I frammenti sono, inoltre, unici nel loro genere: oltre a essere i primi raccolti dal lato nascosto della Luna, sono anche i più giovani mai recuperati da qualsiasi missione lunare.

Grazie a sofisticate analisi di datazione radioattiva, il team di ricerca ha sviluppato un modello che mostra come la presenza di elementi radioattivi avrebbe mantenuto il mantello superiore della Luna centinaia di gradi più caldo di quanto ipotizzato, anche due miliardi di anni fa. Per stimare quando questa lava si sia solidificata in basalto, è stata analizzata la composizione chimica dei campioni. Nei frammenti sono stati individuati elementi come potassio, torio, uranio e fosforo che producono calore se presenti in grandi quantità. Un fenomeno simile avviene anche sulla Terra, dove questi elementi contribuiscono a mantenere fluido il magma sotto la crosta, rallentandone il raffreddamento.

Finora la teoria più accreditata sosteneva che la Luna si fosse raffreddata dall’alto verso il basso: il magma più vicino alla superficie si sarebbe solidificato per primo, man mano che il calore si disperdeva nello spazio. I dati dei sismometri installati durante le missioni Apollo avevano rafforzato questa ipotesi, ma le nuove analisi suggeriscono che quando la superficie avrebbe dovuto essere ormai fredda, c’erano ancora sacche di magma attivo appena sotto la crosta.

Questo scenario potrebbe riscrivere delle tempistiche e i meccanismi con cui si è formato il mantello lunare, uno strato di roccia situato sotto la crosta che, sulla Luna come sulla Terra, alimenta l’attività vulcanica. Capire come si è evoluto l’interno della Luna significa anche fare luce sui processi che modellano altri corpi celesti, come le lune di altri pianeti o i piccoli pianeti rocciosi. Raffreddamento e stratificazione interna sono fasi fondamentali nella vita di questi mondi. E la Luna, il nostro vicino cosmico più prossimo, resta il laboratorio ideale per svelarne i segreti.

In apertura: Contesto geologico attorno al sito di atterraggio di CE5. Crediti: Science Advances.